2003 marzo 30 Euro

2003 Marzo 20 – Euro

Meglio tardi che mai, é stata bombardata anche la politica italiana. Nelle ultime 48 ore Prodi e
Berlusconi, Ciampi e D’Alema, Casini e Fassino dicono a raffica di avere tutti un’idea fissa anzi
due.
E’ urgente mettere in piedi un’Onu forte e interventista, visto che oggi serve al massimo da pronto
soccorso umanitario. Dovrà essere fortissima l’Europa, perché così come sta non risulta neanche
all’appello delle crisi mondiali.
La guerra ha raso al suolo il castello di carta tenuto in piedi fino a dieci giorni fa. Fine tragicomica
del teatrino geopolitico di Bruxelles.
Credevamo che l’Europa fosse l’Euro, cioè gli stessi schèi in tasca da Amburgo a Reggio Calabria.
Che il potere dell’Ue si misurasse tutto in banca incrociando le quotazioni dell’Euro con quelle del
dollaro. Pensavamo che questa Europa dalla pancia piena avrebbe dovuto combattere, nell’ipotesi
più pericolosa, le guerre del latte o del vino tocai. Dalla mattina alla sera, ci si accorge adesso che
l’Europa fa ridere per non piangere.
Nell’impedire ai nostri produttori di fare un formaggio locale come ci pare e piace, l’Ue mette
l’elmetto economico ed è capacissima di lanciare da Bruxelles ultimatum in piena regola. Ma se c’è
di mezzo Saddam, l’ Europa se ne inventa di tutti i colori per darsi assente o quasi: tante posizioni
nessun posizione.
Allo stato dei fatti, è così. Il suo ruolo internazionale si dimostra vicino allo zero, il suo peso
politico non pesa. Manca di ogni identità operativa, ovvero ha soltanto quella del mercato.Con la
maschera degli interessi economici fa perfino la faccia etica, alla francese: la “grandeur”, ma
dell’infingardaggine.
Prodi non è il primo ciclista che passa per la strada. E’ presidente della Commissione europea e, in
quanto tale, dice che sarà importante avere una comune “politica europea estera” e una comune
“politica europea di difesa.” E tutti si dichiarano d’accordo con lui.
Bene. Ma, da uomo della strada, mi dichiaro duro di comprendonio. Ho dunque bisogno di tradurre
le nuove parole d’ordine europee.
Dire “difesa” vuol dire armarsi. Il contrario del pacifismo senza se e senza ma. Vuol dire la solita
storia che dura dai tempi dei romani. Loro raccomandavano: se vuoi la pace, prepara la guerra. Noi
ci aggiorniamo: se vuoi la pace, difendi la sicurezza.
Gira e rigira, la notizia è questa: l’Europa deve armarsi. In Europa non lo si dice così, pane al pane e
vino al vino, perché non è politicamente corretto. A cominciare dall’Italia, si usa un’espressione
molto più delicata, e all’apparenza inoffensiva, come “difesa comune”.
Traduciamo Prodi fino in fondo. Dire difesa europea è dire forze armate comuni, che non sarebbero
evidentemente la somma aritmetica di quelle dei singoli Stati europei, ma molto di più. Più
uomini, più mezzi, più efficienza, più tecnologia, in sostanza una bella botta di investimenti militari
in più. Di questo si tratta quando si pretende una “politica comune di difesa”.
Da che mondo è mondo, avere una politica estera costa. Avere una difesa all’altezza di una politica
estera costa il doppio. Mettere in comune politica estera e difesa dell’Europa costa una ulteriore
barca di Euro perché gli interessi nazionali degli Stati che ne fanno parte sono tuttora in conflitto tra
loro.
Niente è gratis, tanto meno la sicurezza. Ogni sua voce diventa bilancio, risorse, percentuale del
Prodotto interno lordo, quindi responsabilità, opinione pubblica toccata in tasca.
Bisogna saperlo, dirlo a voce alta. Perfino l’on. Violante, che non pare un Marine da sbarco, ha
lamentato in televisione l’esiguità delle spese militari dell’Europa rispetto agli Stati Uniti. Solo un
terzo, ha precisato.
Una cosa a me pare matematica. L’anti-americanismo è il contrario della difesa comune. La difesa
funziona solo se atlantica, a due sponde. In caso contrario, gli Euro dei contribuenti destinati alla
nuova difesa sarebbero tutti buttati al vento. Fine dell’alleanza, avvento della velleità.

Già l’America dell’ 11 settembre è tentata di fare militarmente da sola. Se credesse di poter fare da
sola anche l’Europa, sarebbe finita. Da sola l’America potrebbe anche farcela; l’Europa mai.
E’ forse utile ricordare che la parola isolazionismo nasce in America fin dagli anni Venti. Gli Stati
Uniti non si buttarono con entusiasmo nella prima guerra mondiale e nemmeno nella seconda. In
entrambi i casi si dichiararono a lungo neutrali.
Attenzione a fare gli anti-americani. A rendere insicura la vita degli americani in Italia. Magari a
chiedere la chiusura delle loro basi militari. Finiremmo per stuzzicare negli americani la vecchia
tentazione di chiudersi nella loro fortezza isolazionista e di considerare Europa soltanto
l’Inghilterra. Oltre che ingrati, saremmo autolesionisti.
Meglio nemmeno pensarci, chiamando disgrazie. Né immaginare un’Italia neutra e sguarnita, con i
piedi nel Mediterraneo più instabile della storia e con la testa in un’Europa senza America.
Una trentina d’anni fa, dopo un’inchiesta negli Stati Uniti, un osservatore scrupoloso e liberal come
Alberto Ronchey scriveva: “L’Europa non esiste, se non per i malintesi e le riconciliazioni.”
Sembra oggi.
L’Europa che ci interessa nella vita di tutti i giorni può “esistere” – Prodi ha ragione – attuando una
politica estera e una difesa comuni, ma “comune” due volte. Comune tra europei. E comune tra
europei e americani.
La guerra lascerà tra noi questa bomba inesplosa.