2003 gennaio 6 Campionato dopo vacanze

2003 gennaio 6 – Campionato dopo vacanze

Befana con la neve e senza il calcio. Tre settimane, ventuno giorni filati orfani di pallone non
stanno né in cielo né in terra. Il campionato è diventano come quei film in televisione che ad un
certo punto vengono interrotti da tg, meteo o pubblicità, un blocco di roba che finisce per farti
dimenticare del tutto la loro trama. Io ad esempio confesso senza pudore che non ricordo più la
classifica della serie A. Chi sarà in testa? Boh.
Fra l’altro, per uno sberleffo del tempo, la pausa immaginata anche per dribblare i campi ghiacciati
si é rivelata sballata rispetto al calendario. Per giorni e giorni le temperature sono state di 7-8 gradi
sopra la media stagionale. Sette aironi sono andati a nidificare addirittura in montagna, ad Alleghe. I
merli cantano già; sono fioriti mandorli e prugni, quasi una primavera.
Sembra tutto uno scherzo. Giustamente a caccia di qualche dollaro in più, la gran parte delle
squadre da scudetto fa vacanza in campionato ma va a lavorare nei posti più impensati anche se,
ovviamente, più lucrosi. La Juve negli Emirati, il Milan in Arabia Saudita, la Lazio in Libia e in
Egitto, e via di questo passo. Già mi vedo giocatori abbronzati e calorosi ora che da noi i bollettini
annunciano il grande freddo.
Speriamo bene per muscoli e tendini. La pausa dovrebbe aver fatto bene ai tanti Vieri e Totti in
circolazione, intenti ad assorbire recenti magagne; non so viceversa quale effetto avrà sugli altri, e
in particolare sui pendolari del calcio da sceicchi.
Mah, la curiosità sarà proprio questa. Dopo 21 giorni con le squadre in disordine sparso, non è detto
che il campionato debba riprendere per tutte dallo stesso punto in cui lo avevano lasciato alla vigilia
di Natale.
Calma e gesso, mi aspetto novità. 21 giorni bastano e avanzano per frenare chi andava come un
treno e, chissà, rilanciare qualche ritardatario. Una pausa così lunga è tutt’altro che facile da
gestire, soprattutto da parte dei Club di lusso.
A volte le vacanze sono faticosissime, più delle feste lavorate. Vedremo subito che ci ha rimesso e
chi ci ha guadagnato rispetto allo stato di forma di tre settimane prima.
La maxi pausa ha tuttavia il pedagogico pregio di prepararci anima e corpo a possibili pause di ben
altra entità e infinitamente più scomode. I campionati potrebbero fermarsi per autocombustione
finanziaria.
Gli americani distinguono da tempo tra “old news” e “new news”. Sono il primo a sostenere che la
crisi del calcio italiano è una “old news”, la notizia più vecchia in circolazione nel mondo dal
dopoguerra ad oggi. Anche la banalità dei debiti si sta però avviando a un botto stromboliano.
I calciatori non vogliono saperne di cominciare subito a segare le iperboli contrattuali, ma ciò
rischia davvero di diventare un falso problema. Perché, senza un piano di abbattimento degli
stipendi, le società finiranno matematicamente per non pagarli. Il risultato sarà lo stesso.
Ne sono arciconvinto, basti pensare che nella pletorica serie B di oggi soltanto tre club su 20 pagano
regolarmente gli stipendi ai giocatori. O si taglia o non si paga più.
Nemmeno nel football, come nella politica e nell’economia, esiste una mitica “terza via”. La terza
via è la bancarotta; insolventi o messi in mora.
Sarà certamente del tutto casuale, ma il nuovo presidente della Lazio è un avvocato penalista! Che
la benigna Dea Eupalla, direbbe Gianni Brera, lo assista. I bilanci della serie A al trenta giugno
2002 indicano per la Lazio un rosso di 140 milioni di Euro (quasi il doppio in miliardi di lire), ma
183 sono quelli dell’Inter, 97 del Milan, 88 della Roma. L’Udinese, con 26, e soprattutto il
lillipuziano Chievo con soli 7,3 sembrano al confronto società di fine Ottocento.
Non so davvero che cosa aspettino i presidenti di A e B a sfilare nella sede della Lega Calcio
davanti a un grande specchio e a riconoscere che chi tanti anni fa li definì “ricchi scemi” fu molto
scortese ma buon profeta. Un minuto dopo dovrebbero darsi una tassativa e unanime gabbia di
autodisciplina finanziaria.
I giocatori hanno sempre detto di aver ottenuto i supersonici stipendi senza puntare la pistola alla
tempia dei presidenti. Verissimo, ma adesso la pistola passa ai presidenti.