2003 aprile 27 Bush

2003 Aprile 27 – Bush

L’altro giorno domandano al segretario di stato americano se ci saranno conseguenze per la Francia.
Powell risponde :”Sì”. Poi, con i quotidiani di ieri, esce l’intervista della catena televisiva Nbc che
chiede al presidente americano un’opinione diretta sul presidente francese Chirac. Bush
risponde:”Dubito che verrà nel mio ranch molto presto. A qualcuno nella nostra Amministrazione e
nel nostro Paese è parso che la posizione francese fosse anti-americana.”
Bene, mi sono detto da uomo della strada; meno male che ritornano alla ribalta i sì e i no a spese dei
ni. Meno male che, in una fase così nuova, la politica internazionale non è tutta un pasticcio Onu,
una falsa recita europea, un tiramisù diplomatico, un “embrassons nous” alla parigina che finirebbe
per non abbracciare un bel nulla.
A volte, è preferibile che le cose dure lascino dure conseguenze sbattendo i problemi e gli interessi
sul tappeto senza infilare i guanti bianchi. A muso duro, con chiarezza. E’ la sola maniera onesta
per tentare di superare, dopo la guerra in Iraq, anche la non-pace tra un pezzo di Europa e
l’America, oggi alleati ai minimi termini.
Trovo interessante un aspetto a nostra portata di mano. Questa guerra in particolare ha fatto sì che
ciascuno di noi si sentisse personalmente in prima linea quanto Bush e Blair o , per contrasto, in
aspettativa quanto lo stesso Chirac. Sulla guerra l’opinione pubblica si è tutta schierata, ha preso
trincea, piazza o altare; pochissimi hanno fatto i pesci in barile. Mai si era vista tanta passione sul
confine guerra/pace. Uno studioso ha parlato di “tifo”.
Da almeno 40 giorni viviamo altrove, fuori, distanti. La stessa politica interna altro non è stata che
un lontano bagliore di quella estera. Di colpo il globale ha schiacciato il locale. I giornali
assomigliano da settimane a enciclopedie tascabili, costretti come sono ad accompagnare l’attualità
delle 24 ore con gli sfondi storici più remoti e con le strategie geo-politiche più proiettate in avanti.
Al bar si parla ancora di sciiti e di curdi su per giù come di juventini e interisti; di democrazia e di
petrolio come del Passante di Mestre o di quel verme di Unabomber del Nordest. E’ un fenomeno
straordinario, di partecipazione più che di informazione; molto umano e poco mediatico; per
repulsione o adesione mai per indifferenza.
L’istinto numero uno è stato di parteggiare, anche con segni ingenuamente esibiti. Chi esponeva una
bandiera, non importa quale. Chi, per opporsi all’anti-americanismo, sbandierava i ricordi a stelle e
strisce, la propria indimenticabile gratitudine libertaria.
Lentamente, stiamo tornando anche un po’ a noi.Da 40 giorni sappiamo più cose di Tarek Aziz che
di Gentilini, più da Lilli Gruber che da Riccardo Illy. Ma nei prossimi 40 giorni un sacco di elettori
del Nordest saranno chiamati a ripensare localmente visto che voteranno a Trieste come a Vicenza,
a Udine come a Treviso. Voto amministrativo, regionale e/o comunale, dunque sulla carta il più
distante dagli scenari globali nei quali siamo tuttora immersi fino al collo.
Ecco, questo è un bel tema: un po’ di sabbia dell’Iraq finirà anche nelle urne elettorali? Gli esperti
sapranno forse rispondere; io no, non ho per ora la più pallida idea se,come ed eventualmente a
favore di chi l’accoppiata pace/guerra possa alla lunga influenzare anche un voto amministrativo.
Di sicuro, il salto di tensione c’è, eccome. Si passa dall’emergenza alla normalità; dalla politica che
si mobilita a vasto raggio alla politica che rientra nel territorio. Il mondo torna a casa. Per
fisiologico riflusso, può aumentare l’astensione dal voto.
Non bastasse, sono elezioni mediocremente di mezzo, a metà strada tra la decrepita prima
repubblica e tra il mitico bipolarismo della seconda. Di mezzo per dire da nessuna parte, in uno
spazio imprecisato e caotico, dove risultano sfibrati tanto i partiti (di vecchio stampo) quanto gli
schieramenti ( di ultima generazione): esemplare il centro-destra, nonostante un centrosinistra dalle
duecento ineffabili anime.
Se si guarda tanto al Veneto quanto al Friuli – Venezia Giulia, la Casa delle Libertà sembra non
esistere più. Si presenta quasi ovunque a tronconi, spesso senza capo né coda.

E’ uno schieramento inerziale, da secondo turno, quando l’alleanza diventa un residuo matrimonio
d’interesse. Al primo turno, dove si decide invece di stare assieme per affinità, la Casa delle Libertà
si arrende alla Casa in Libertà! Messa in libertà dall’on. Bossi, nel nome dell’”identità” della Lega.
Pesa il potere reale. A Nordest l’asse Bossi-Tremonti ha in questa fase più influenza di Berlusconi-
Galan, su questo non ci piove. Il solo che fa storia a sé è Gentilini, così indipendente tanto da Bossi
quanto da Berlusconi da ricandidarsi per la terza volta a Treviso attraverso un sosia!
Un caso nazionale da scienze politiche. L’ultimo raìs in circolazione.