2003 aprile 26 Articolo per la rivista Platinum

2003 Aprile 26

Rivista Platinum

E SCOPPIA LA GRANDE VOGLIA DELLA COMUNICAZIONE.

Quelli del Nordest hanno comunicato benissimo, voto 10 platinato. Anzi, il Nordest è stato in sé un
auto-spot da esportazione. Dalle aule americane di Harvard alle pagine inglesi dell’Economist fino
alle università giapponesi, tutti sanno che il Nordest italiano è quella certa inconfondibile roba che ,
nella stessa area, frulla lavoro, fai da te, economia, società, riforme, autonomia, memoria e materiali
popolari, il capitalismo dell’uomo qualunque.
Solo che il Nordest ha comunicato più che altro il tutto per la parte, l’assieme al posto del singolo, il
distretto in luogo dell’imprenditore in carne e ossa: in fondo, si è sempre sentito un po’ il simbolo
dei “campioni nascosti” come li ha chiamati uno studioso anglosassone. Il fatto è che qui non
poteva che accadere esattamente questo quando le sue imprese sono ben 648 mila, 483 mila al netto
dell’agricoltura , costellazione senza epicentro, un mondo tutto casa e fatturato sparpagliati sul
territorio, dove si produce di tutto tranne l’automobile.
A guardar bene, il Nordest ha letto correttamente l’antica radice del verbo “comunicare”: assolvere
“cum”, cioè insieme, al proprio “munus”, incarico e/o dovere. Tutto qua; un fenomeno
socioeconomico collettivo ha messo a lungo in comune anche l’immagine esterna. Beninteso, un
sacco di marchi nordestini sono riusciti a comunicare in proprio, a cominciare storicamente dai
Benetton “united colors”, dalla globale Electrolux friulo-svedese o dal cin-cin trentino con il brut
Ferrari negli hotel a cinque stelle. Ma soltanto adesso esplode tra le piccole e medie imprese la
Grande Voglia di riconoscimento umano oltre che aziendale, di storie individuali da accompagnare
ai brevetti, di volti da svelare sotto la ragione sociale, di identità familiari per valore aggiunto.
Il movente è semplice. Il Nordest lascia alle spalle il Far West e la pulsione di massa. Si fa maturo,
si struttura, si modernizza, compete in un mercato sempre più duro che lo spinge a fare export
persino di intere produzioni. E cambia generazione, tra padri fondatori e figli/nipoti ma anche tra
“paròn” e manager. Superata da tempo la fase a testa bassa del costruirsi dal nulla, emerge dal
sottosuolo degli imprenditori la necessità di elaborare il passato e dare senso al futuro. In ciò
consiste appunto il bene della comunicazione.
Non uno sfizio da Narcisi del Pil locale; invece, il bisogno primario del Nordest di ultima
vocazione internazionale.Per essere forti fuori, diventa obbligatorio sentirsi forti dentro, anche
comunicando meglio quello che si é.
Dopo il “modello” diffuso, il Nordest approda a un originale personalismo. L’impresa investe sui
suoi talenti, esibendoli nel tempo di Internet.