2003 agosto 25 Sanità

Bisogna assolutamente eliminare dal nostro vocabolario il termine “tagli” quando, questo il punto,
viene abbinato alla sanità. A mio parere l’espressione “tagli alla sanità” andrebbe cancellata almeno
per pudore sociale.
Non c’é niente che cammini assieme alla società come la sanità. E la società in cui viviamo, sempre
più rapida nelle trasformazioni, ha dunque necessità di investimenti nella sanità, altro che di tagli.
Più risorse semmai, non meno. Basta con l’ossessione dei tagli, abbinata all’efficienza secondo il
seguente schema: bravi sarebbero i politici e gli amministratori tagliatori; incapaci quelli che,
dovendo scegliere, darebbero la precedenza al servizio. Di questo passo, non so quale cultura
sanitaria ne verrà fuori alla fine.
L’istituto Censis ha fatto un’indagine tra gli italiani che avevano votato alle elezioni politiche del
1996 e del 2001, chiedendo quale fosse secondo loro il settore da riformare per primo. Sapete quale
é stata la risposta? “La sanità”. La sanità prima della giustizia, della previdenza , del fisco e della
scuola.
Gli italiani ci hanno visto giusto, ribadendo al volo un paio di cose. Uno: che la salute fa parte
integrante del benessere diffuso. Due: che la salute di oggi , e soprattutto di domani, non è
nemmeno parente di quella di ieri.
Basti pensare che ogni anno in Italia gli ultra ottantenni aumentano di centomila unità e che uno su
quattro, come ha documentato l’Istituto superiore di sanità, ha bisogno di aiuto quotidiano. Se fra
una trentina d’anni il nostro Paese avrà 18 milioni di anziani, la malattia acuta cederà il passo alla
malattia cronica: una rivoluzione che investirà tanto gli ospedali quanto le famiglie.
I medici avvertono fin d’ora. Le malattie protagoniste saranno l’Alzheimer e l’osteoporosi piuttosto
che la tossicodipendenza. Ci sarà la piena occupazione per i geriatri, purtroppo non per i pediatri.
Un amministratore del Nordest che ha afferrato la questione é Riccardo Illy, l’imprenditore del
caffè da poco eletto governatore del Friuli – Venezia Giulia. Volendo risparmiare in Regione per
spendere di più in innovazione, il primo giorno di questo agosto Illy ha chiesto ai suoi assessori di
rivedere spesa su spesa per tagliare i costi generali del 10 per cento nel 2004.
Ma, attenzione, l’ha chiesto a tutti gli assessori tranne che al titolare della sanità. Tra spese fisse,
spese non rinviabili e spesa sociale, non si taglia la sanità. Stop.
Può essere modernizzata, gestita al meglio, ripulita da rendite e sperperi, però questa é tutt’altra
faccenda. Odioso appare invece il continuo tam tam sui “tagli” proprio nel momento in cui la
qualità della vita richiede di potenziare la sanità pubblica in ogni senso: umano, tecnologico,
territoriale.
Qualcuno potrebbe subito rimarcare che proprio ieri la Germania ha deciso una serie di pesanti tagli
alla sua sanità. Ad esempio, non sarà più rimborsato agli anziani il taxi per andare a curarsi mentre
per le protesi dentarie servirà un’assicurazione privata e viene introdotto sulle medicine un ticket di
10 euro.
Tutto vero anche se, per completezza dell’informazione, aggiungerei che i tedeschi si vedranno
contemporaneamente ridurre di quasi due punti i contributi sanitari da versare. Ma la Germania é la
Germania e noi siamo noi, con tutt’altri problemi.
Il nostro é il Paese degli Sprechi. Ci sono interi volumi che li elencano: “ Come buttare via due
milioni di miliardi”, dimostrava il giornalista Gian Antonio Stella nel 1998.
Ci sono Enti da una vita sotto inchiesta per il colossale scialo di denaro pubblico. “Repubblica” ha
appena fatto un’inchiesta ad Amalfi scoprendo che, attraverso i patti territoriali, un posto di lavoro
finiva per costare sei miliardi di lire allo Stato! Un hotel di lusso aveva ricevuto tre miliardi ma
assunto soltanto 5 persone.
In Italia, Tangentopoli é uno stato d’animo. I massimi vertici della politica restano tuttora
invischiati dalla mattina alla sera in inchieste per corruzione. Ma una corruzione sempre d’alto
bordo finanziario, che miscela ombrosi affari di Stato, interessi miliardari e un’ideologia privata
della carica pubblica. Si potrebbe continuare a piacimento.

Abbiamo un Parlamento barocco, costosissimo, da ridurre almeno della metà. Abbiamo un ceto
politico enfatico, con sindaci che fanno anche gli euro parlamentari (ricevendo in surplus 47 milioni
di lire di stipendio mensile). Più che costare, la politica rende sempre di più ai suoi titolari.
No, questo non é un Paese che per far tornare i conti ha diritto di “tagliare” la sanità. Tagli la
foresta di privilegi, di sprechi, di illegalità; faccia smagrire di un bel po’ lo Stato obeso, e poi ne
riparliamo. La sanità é il welfare primario.
Credo che il Nordest sia un’area sensibilissima su questo tema. Ho già citato Illy. Aggiungo che il
Friuli – Venezia Giulia ha il primato italiano della prevenzione sanitaria. Che Bolzano e Trento
ottengono tra i malati punte di massima soddisfazione.
Quanto al Veneto, il Programma regionale di sviluppo (PRS) si pone a pagina 51 un obbiettivo
perentorio :”Ulteriori miglioramenti nella qualità e nella quantità dei servizi.” Sta scritto, nero su
bianco, anche se la spesa sanitaria rappresenta già il 75 per cento della spesa regionale del Veneto.
La sanità ci sbatte in un bivio. Tagliarla significa ridurla a contabilità. Investire su di essa vuol
anche dire scegliere una civiltà, uno stile di vita, la gerarchia dei valori territoriali, una cultura
popolare.
Con la sanità , le risorse pubbliche raggiungono la persona nel momento in cui la persona certifica
la sua fragilità umana. C’é qualcosa di più alto, che valga di più?
A dispetto dei luoghi comuni, la sanità pubblica ha un enorme serbatoio di bravura e di motivazioni.
Da tagliare non c’é niente.