2003 agosto 21 Cattedrali

Caro Bruno, sono cinquemila e rotte battute: Non ricordo più quante te ne servivano. Comunque, sai
già dove andare…Ciao! (ri-ciao per tua moglie). Giorgio
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Un passaggio dietro l’altro, cattedrale deriva dal greco kathédra: sedia. Il seggio, a lungo andare, del
potere e dell’autorità della Chiesa.La cattedrale non é una chiesa grande, ma la grande chiesa delle
storiche diocesi della Cristianità.
Quando il Papa polacco supplica perché la futura Costituzione europea si richiami nero su bianco
alla radice cristiana del Vecchio Continente, forse il suo sguardo nostalgico rimanda a memoria
proprio alle cattedrali dei secoli di Dio. Fra le tante, ad esempio, lo splendore gotico di quella di
Reims, dove con Clodoveo fu battezzata al cattolicesimo l’intera Francia, oppure a Sud la cattedrale
normanna di Tropea che incrocia nel ducato di Calabria impronte religiose del Nord con elementi
dell’architettura bizantina e islamica.
Perché a 68 anni Bruno Antonello ami adesso riprodurre con il minimo della pittura (gli acquerelli)
il massimo dell’architettura sacra (le cattedrali), francamente non lo so. Anche tra amici é riposante
coltivare qualche ingenuo segreto dell’ispirazione.
So però che, consapevolmente o no, lui – piccolo artigiano del tempo – così si mostra in perfetto
orario con le ambizioni e i tormenti dell’Europa di questi ultimissimi mesi. L’Europa che allarga il
territorio a Est ma che rischia di restringersi nei valori sia a Occidente che a Oriente.
Esattamente di questo stanno discutendo tanto i laici quanto i religiosi, i credenti come gli agnostici.
I laici diffidando di un’Europa di solo fatturato economico; i religiosi, come l’arcivescovo di
Milano, temendo un continente post-cristiano che giunga al punto di “irridere” chi crede nel Signore
delle cattedrali d’Europa.
La pittura di Antonello probabilmente non dimentica il profetico lamento di padre David Maria
Turoldo che, nei sermoni dall’altare o nei giornali, nei libri o nelle poesie incandescenti come
Salmi, denunciava a voce ben alta come stia semmai circolando tra noi più rito che interiorità,
“molta teologia e poca fede”. Queste cattedrali vanno in controtendenza, sono le meno teologiche
che si possano immaginare: il resto é mistero tutto personale, anche se qui accompagnato da tanti
segni del vivere tutt’altro che misteriosi.
Bruno aveva soltanto nove anni quando il padre fu falciato a morte da una raffica delle truppe
naziste in ritirata. Destino: pochi minuti ancora e con gli ultimi rantoli della seconda guerra
mondiale sarebbero arrivati i soldati americani a liberarci tutti.
La loro era una famiglia di contadini non di artisti, su un terreno di proprietà del notaio Polese di
Castelfranco. Dopo cena tutti si ritrovavano nella stalla per il filò alla veneta, quasi un culto
comunitario, seduti sulle basse sedie impagliate a mano, tra vacche e capre, tra canti e ciàcole,
mentre il nonno campeggiava con la pipa tenuta tra le dita come lo scettro del suo riconosciuto
potere su quel piccolo mondo antico.
Era un uomo originale il papà del piccolo Bruno. In campagna, confinante con le paludi, aveva
mano per tante cose. Intagliava zoccoli imprigionando il legno sul cavalletto per tirarli meglio. E,
attento al paesaggio, amava dipingere:”L’ho conosciuto poco ma l’ho preso nel sangue” ricorda
ancora oggi Antonello con infinito orgoglio filiale per una eredità che ha saputo coltivare fin da
studente, vincendo il “Premio nazionale Antonio Segni”. Andò in treno a ritirarlo a Roma, che
vedeva per la prima volta.
Ha fatto il grafico pubblicitario, il mestiere più vicino alla segreta vocazione di bambino. Ha
realizzato copertine di libri e riviste; bozzetti e marchi, come quello di una cassetta postale prodotta
a San Zenone degli Ezzelini, il marchio più diffuso in Italia.
Sei anni fa ha scoperto le cattedrali. Viaggiando.
Non sapeva di architettura, ma fotografava. Più che fotografare tentava di fermare sensazioni,
silenzi, sguardi verticali, nebbie di città e dello spirito, turbamenti, guglie di trascendenza, facciate
come apparizioni, il senso di Dio in un raggio di sole fermato nella diapositiva, penombre di navata,

un pulviscolo di emozioni di fronte a qualcosa di speciale. Non un luogo di culto, una qualche
chiesa di parrocchia, ma la cattedrale, la Chiesa storica dei millenni. La devozione dei secoli fatta
oggi incerto sentimento di uomini non più devoti.
Viaggiando, Antonello ha visto o conosciuto dal 1998 tante cattedrali d’Europa, che ha ricostruito
dentro di sé come il padre replicava i familiari paesaggi contadini. Ora ne mette in mostra 25,
Mosca, Chartres, Leningrado, Notre Dame, San Marco, Tropea, Prato, cattedrali danesi, delle
Asturie, ovunque lo accompagni la religiosa nebbiolina che si alza al di sopra della quotidianità.
A me, privo in materia di qualunque titolo critico, sembrano più che altro sogni, atmosfere, pensieri
sospesi nel dubbio. Cattedrali solitarie, quasi timide, appena accompagnate dalla distratta presenza
dell’uomo. Silenzi più felliniani che da messale, cartoline di pace, ombre della mente, braccia
incerte al cielo nel superare ogni steccato. Cattedrali di un Dio per l’uomo.
Chissà poi se queste di Bruno Antonello sono davvero cattedrali. Forse, soltanto autoritratti,
acquerelli buoni per chi cerca se stesso con il colore e gli occhi in su.
Forse, le cattedrali esistenziali sono l’eterna tecnologia di Dio. Portano a lui veloci più di Internet.

Giorgio Lago

giornalista