2002 settembre 23 Lettera aperta a Sergio Campana

2002 Settembre 23 – Lettera aperta a Sergio Campana

Caro Sergio Campana, caro presidente dell’Associazione calciatori,
tu sai meglio di me che mai come oggi il calcio è diventato sinonimo di denaro. Inutile star qui
a moraleggiare sulla bolla arcimiliardaria; c’è e basta.
Ci mancava soltanto la richiesta dello “stato di crisi” per costringere definitivamente il tifoso a
farsi una ripassata di netto e lordo, di bilanci consolidati, di borsa, di diritti televisivi, di Irpef
pallonara e, soprattutto, di debiti. Oggi i debiti vanno recitati in sequenza come il requiem.
In una fase tanto stressata, caro presidente Campana, tu sei fortunatamente la persona giusta al
posto giusto. Anzi, a mio parere sei il solo dirigente di calcio che, per storia personale e carica
associativa, abbia adesso le carte in regola per dire in piazza una parola credibile e di buon senso
su temi come i costi abnormi e , a maggior ragione, sullo stato di austerità da decretare seduta
stante.
Da ex calciatore di prima scelta come da sindacalista fondatore (il mio primo direttore, Gianni E.
Reif, chiamava la tua associazione “sindacato dei piedi”, ricordi?), tutti sanno che non hai mai
modificato di un millimetro o di un centesimo uno stile di vita sobrio e risparmioso. E questo
stile è stato anche la tua arma etica, mirata a dare regole a tutto il mondo del calcio: non per nulla
trent’anni fa muovevi i primi passi sindacali assieme ai cosiddetti “nababbi” di allora, come
Rivera e Mazzola, mentre ora hai aggregato addirittura i dilettanti!
Ne hai fatta di strada, ne hai minacciati di scioperi per mettere un po’ di ordine soprattutto nei
campionati meno in vetrina. Pur dandoti atto di tutto questo lungo lavoro, sta di fatto che mai
come in queste ore vince a man bassa nell’immaginario collettivo la convinzione che i calciatori,
i tuoi calciatori se così posso dire, siano pagati una follia senza precedenti nella storia economica
del nostro Paese.
E’ verissimo quanto tu hai sempre sostenuto, e cioè che i presidenti di Club non acquistano né
firmano ingaggi con la pistola dei calciatori puntata alla tempia. Ma sono convinto che questa
argomentazione, per quanto fondata, ora non basti più.
La gente in carne e ossa ha a che fare con i prezzi, con l’euro, con i consumi, con i risparmi, con
la fine del mese che non arriva mai. Proprio perché straordinario fenomeno popolare, oltre che
bellissimo sport, il calcio incrocia ogni giorno la vita, i valori reali, i costi veri, i confronti
tutt’altro che virtuali.
Figurati se alla mia età voglio fare la solita vecchia inutile demagogia: è dai tempi di Adam Smith
che conosciamo l’economia liberale della domanda e dell’offerta. Eppure credo che i calciatori
dovrebbero prendere un’iniziativa, fare qualcosa di forte e di autonomo, lanciare una proposta
tutta loro, insomma farsi carico di un piano di risanamento.
Senza calciatori, dico una banalità, non esiste calcio; senza ripensamento da parte dei calciatori,
e ciò non è forse banale, non si ricostruisce la fiducia del pubblico pagante. La Juve e il Parma
che, a pagamento ma senza tifosi, giocano la Supercoppa in Libia invece che a Torino; Ronaldo
che incenerisce a colpi di procuratori e di mercato il più coccolato simbolo degli ultimi quattro
anni di campionato. Trovo che siano episodi per nulla scollegati, entrambi nel segno dello
sradicamento totale.
Che Vieri si tagli poi lo stipendio è lodevole; che Del Piero si dichiari disponibile è un altro buon
segnale. Tuttavia, sono solo episodi di buona volontà in ordine sparso, di fronte al dato del 72 per
100 sbandierato dai Club per indicare il costo in bilancio alla voce “calciatori”.
Carissimo Sergio Campana, questa sarebbe un’occasione davvero storica per far sì che lo “stato
di crisi” indebitamente rivolto al governo diventi lo stato di crisi della forza-lavoro del calcio.
Come se i calciatori, invece che spettatori di fatto, si dichiarassero di diritto gli attori del
cambiamento, protagonisti di una assemblea straordinaria ma aperta. I veri stati generali del
calcio da cui ripartire a muso duro, badando soltanto al futuro e al pubblico.
Il Coni è sbancato; la Federcalcio in vacanza; la Lega unanimemente divisa; il governo ha altri
pensieri. Proprio per come l’hai guidata tu, l’Associazione calciatori è il soggetto più forte, forse

perfino più di quanto tu stesso signorilmente non creda, e può farsi carico di una svolta super
partes.
O sbaglio tutto?