2002 settembre 22 Guerra

2002 Settembre 22 – Guerra

In 24 anni di pontificato, Karol Wojtyla non ha mai predicato la “guerra giusta”. Per il papa esiste
soltanto la “pace giusta”, il che non significa dare una soluzione semplice a una questione
complicatissima soprattutto per la Chiesa.
Nel 1985 a Vienna parlò di casi in cui “la difesa armata è un male inevitabile”. Non solo: il 17
febbraio del 1991, in piena guerra del Golfo Persico, spiegò a un gruppo di studenti romani: ”Noi
non siamo pacifisti. Non vogliamo la pace ad ogni costo, ma una pace giusta, pace e giustizia.”
Le regole della Chiesa dettano da tempo una sorta di galateo dell’intervento armato. Il quale, per
legittimarsi come ineluttabile, deve rispondere ad almeno tre aut aut. Legittima difesa,
proporzionalità della risposta, risparmio della popolazione civile.
Bush padre reagì all’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein; Bush figlio predispone
l’attacco preventivo a Saddam. Wojtyla non benedisse George senior invocando allora un
supplemento di diplomazia internazionale; non approva George junior opponendosi oggi alla teoria
della guerra anticipata.
Che cosa si pretende, che la Chiesa del terzo millennio trovi forse nel Vangelo le pezze
giustificative per liberare con la forza Baghdad da Saddam? No, anche se Tommaso d’Aquino –
pilastro teologico del cristianesimo – considerava lecito il tirannicidio.
Lo ha ricordato, sorridendo, Jocquìn Navarro Valls, 66 anni, portavoce del papa, mercoledì scorso
durante una cena in una splendida dimora veneta del ‘600, villa Sandi di Mario Moretti Polegato,
l’industriale “mister Geox”. Navarro Valls è un molto distinto signore spagnolo di Cartagena, ma di
nonni catalani, che si é laureato medico psichiatra a Barcellona e che ha fatto il giornalista a Roma
prima di curare la comunicazione del papa. Lo fa oramai da 19 anni.
La sua testimonianza è realistica. La malattia ha tolto molte cose al papa, ma non la più preziosa: la
testa. Anzi, ogni “idea” della Chiesa è tuttora un’idea di Wojtyla, che detta priorità, linee, progetti,
diplomazia, missione e geo-politica della Santa Sede.In questo senso, l’apparenza fisica inganna.
Proprio alla luce dell’11 settembre patito dall’America e dall’Occidente, bisogna anche riconoscere
che durante la crisi del 1991 questo papa fu addirittura profetico. In innumerevoli occasioni il suo
chiodo fisso riguardava infatti l’Islam: Wojtyla temeva che la Guerra del Golfo venisse percepita
nel mondo islamico come una crociata cristiana contro i musulmani. Era questo il peggio di quel
conflitto, a suo dire.
Da allora fino alle Torri abbattute, da New York 2001 a Baghdad 2002, è storia di queste ore. Sulla
natura del regime di Saddam, il portavoce del papa ha sintetizzato senza perifrasi conviviali “Ha
usato il gas contro il suo popolo.” Come dire che altri commenti sarebbero superflui:” Non è
certamente tipo – ha poi aggiunto con una battuta rivolta al padrone di casa- da invitare a cena…”
Dalla visuale vaticana, il punto non è Saddam, ma lo strumento della guerra preventiva. E cioè la
rappresaglia che anticipa la minaccia.
Bush invoca le risoluzioni dell’Onu contro l’Iraq, ma le risoluzioni non sono una cosa seria. “Dal
1948 ad esempio – ha osservato con tono notarile Navarro Valls – Israele non le ha mai rispettate.”
Insomma, a suo dire non può essere questo l’esclusivo criterio per decidere se una guerra sia in sé
giustificata o meno.
La stessa “minaccia”, atomica o batteriologica, sarebbe un parametro ancora vago in assenza di
prove certe. Persino l’orrenda contabilità delle vittime contrapposte potrebbe depistare: Wojtyla le
denuncia tutte, senza distinzione, da New York all’Afghanistan a Baghdad, 3000, 5000, 10000,
domani chissà.
Non può che essere questo il mestiere del papa, un papa che da polacco ha oltretutto una particolare
competenza riguardo alle sofferenze di massa. Nulla più della guerra nega ai suoi occhi di grande
comunicatore globale la fatica dell’ecumenismo: la guerra è l’ossessione del papa. Quasi il silenzio
di Dio.
Possono essere tanti i metri che misurano i rischi di una guerra. Nel 1991 i più grandi esperti della
finanza mondiale prevedevano nell’ordine il balzo del barile di petrolio da 20 a 100 dollari,

l’accaparramento dell’oro come bene rifugio, una grave recessione economica. Fortunatamente non
ne indovinarono una! Nessuna previsione si avverò e, di ritorno da Baghdad, la giornalista Lucia
Annunziata poteva dire al Tg3: ”L’Iraq è un paese distrutto.Distrutto da Saddam.”
La Chiesa ha la memoria lunga e il papa, pur piegato, ricorda tutto tutto per filo e per segno. Ma
delle guerre non si fida, nemmeno se contro un Saddam, nemmeno dopo l’infamia dell’11 settembre
e, tanto meno, se guerre preventive.
La Chiesa non ha mai fermato le armi. Fa sostare le coscienze.