2002 aprile 25 Ciampi

2002 Aprile 25 – Ciampi

Carlo Azeglio Ciampi non si è mai ritenuto un economista, ma fu chiamato a fare il governatore
della Banca d’Italia, sua seconda casa per più di quarant’anni. Senza essere mai stato parlamentare,
a 73 anni diventò presidente del Consiglio con i “sì” del vecchio quadripartito ma proprio mentre in
Parlamento stavano per scomparire uno dopo l’altro quei quattro vecchi partiti politici.
Candidato di “estrema sinistra” secondo la battuta di Lamberto Dini, è stato eletto presidente della
Repubblica quasi all’unanimità, con il voto sia di Berlusconi che di D’Alema. Ieri preso a simbolo,
da Umberto Bossi o da Maurizio Gasparri, dei gelidi tecnocrati della finanza e dei cosiddetti poteri
forti dell’economia, Ciampi incarna oggi la versione più patriottica del Quirinale dai tempi di Luigi
Einaudi, il liberale capo di Stato che nel 1948 concluse il suo messaggio d’investitura con “ il grido
di Viva l’Italia!” rivolto alle Camere riunite in seduta comune.
Destino curioso, anche paradossale. Mai “tecnico” è stato così come Ciampi nel bel mezzo della
temperie politica. Mai un non-politico ha dovuto governare una transizione altrettanto politica di
quella vissuta tra la prima e la seconda Repubblica. Mai un banchiere ha sposato con maggior
fervore le Istituzioni politiche. Mai “professore” ha cercato più tenacemente la compartecipazione
del “popolo italiano” tanto alla politica quanto all’ economia.
Se gli domandano quale sia stato il punto d’orgoglio del suo governo, ricorda senza incertezza che
fu l’accordo sul costo del lavoro. Come Giuliano Amato, ha saputo chiedere sacrifici e soprattutto
motivarli con scomoda imparzialità all’opinione pubblica, ai sindacati, agli imprenditori.
In Bankitalia come poi al governo, da premier o da super ministro dell’economia, Ciampi si è
sforzato di tradurre un sacco di concetti astratti in voci comprensibili della vita quotidiana, fin
dentro la sporta della spesa delle casalinghe. La scala mobile, i vincoli europei, il blocco delle
retribuzioni, i tassi, l’inflazione programmata, il risparmio e il debito pubblico diventavano i
drammatici conti in tasca alla famiglia-Italia e all’azienda-Italia ma anche la scommessa sull’
Europa.
In parole povere, tutta roba finalmente da cittadini e assai meno da impenetrabili lobbies. Il
ciampismo di un ex banchiere, convertito dalla riservatezza (interna) alla comunicazione (di massa),
ha contribuito non poco a questo trasparente fenomeno, tuttora in atto.
Classe 1920, livornese, Ciampi deve detestare in particolare – almeno io credo – la faziosità
spicciola. Agli occhi di un tecnico con la formazione del servitore dello Stato, nessun ruolo
istituzionale dovrebbe dimostrarsi di parte.
In ciò poco toscano a guardar bene, l’ istinto super partes va inteso come trasversalità di servizio,
con relativi onori e oneri. Quando, un venerdì del 1985 passato alla storia come “nero”, la lira prese
la mazzata della svalutazione, Ciampi si dimise un minuto dopo da governatore di Bankitalia, per
responsabilità oggettiva si direbbe nel calcio. E fu riconfermato a forza, infatti.
Nella sua versione, l’essere al di sopra delle parti non significa affatto grigia neutralità. Lavorare
super partes vuol dire per lui dare la precedenza al senso dello Stato rispetto al potere, al conflitto,
allo schieramento, alla pur sana lotta politica: tutto qua, senza tanta retorica, soprattutto oggi che
Ciampi é alle prese con un bipolarismo spesso da plaza de toros che di giorno in giorno punta a
contendersi a colpi bassi il “Presidente di tutti”.
A volte lo si vuole correttamente garante, qual è. Ma , spesso ormai, lo si pretenderebbe legislatore
o quasi, se non addirittura stopper destinato a frenare la maggioranza di turno. Per questo ora si
appellano a lui il regista girotondino Nanni Moretti come l’ulivista Francesco Rutelli, che nel
governo Ciampi del 1993 fu ministro dell’Ambiente, oppure il politologo prof. Giovanni Sartori,
che imputa a Ciampi di “spalancare le porte a un regime berlusconiano” ( vedi il Corriere del 19
aprile scorso) .
Strano quanto vero, chi in fondo ha invocato Ciampi a entrare a gamba tesa in campo ma nel suo
ruolo naturale, cioè rigorosamente istituzionale, è stato più che altro Marco Pannella , beninteso alla
Pannella, vale a dire con l’imbarazzante sciopero della sete. Non per nulla, Ciampi ha in questo
caso risposto utilizzando il meno rituale dei messaggi presidenziali: una telefonata a Pannella in

diretta a “Buona domenica” di Maurizio Costanzo. Nel nome della Corte Costituzionale, un tocco di
umanità nazional-popolare.
Ciampi è un laico che ama religiosamente il Papa polacco. A 82 anni insiste nella memoria dei
giovani, da Cefalonia a Marzabotto. Da partigiano, sosta davanti alla foiba come davanti al lager.
Didascalicamente “centrale” con la Banca d’Italia, promuove riforme “federaliste” sia in Europa
che in Italia. Ha lavorato una vita per la lira, ma si è sentito appagato il giorno in cui l’ha vista
morire nel nome dell’Euro.
Nel 1939, il diciottenne Ciampi studiava tedesco all’estero assieme a un gruppo di ragazzi italiani e
francesi quando, di colpo, la guerra e l’odio li separarono, gli uni contro gli altri. La sua idea di
Europa nasce lì, come “grande forza di pace” e come “patria più grande”, a ciglio tutt’altro che
asciutto e non temendo di commuoversi in un Paese di spiritosi.
E’ un uomo dell’ottimismo il capo dello Stato, da buon padre di famiglia. Insiste a incontrare le
mille Italie di sindaci, città, paesi, regioni, luoghi sensibili, e insiste a raccomandare l’Inno di
Mameli ai renitenti calciatori della Nazionale, il cinema del Risorgimento, il 2 giugno della
Repubblica come festa dell’ identità . “Amo insieme Livorno, la Toscana, l’Italia e l’Europa”, dice.
A suo tempo, Carlo Azeglio Ciampi varò il governo senza consultare i partiti, ma credendo fino in
fondo nella concertazione sociale. Gli piacerebbe che anche la politica, pur frontale, adottasse il
metodo dei contenuti e del garbo democratico, come ha suggerito in cento occasioni dal Quirinale
rischiando perfino l’insidiosa usura del messaggio.
Di Ciampi sento dire ovunque da gente di idee opposte che “è una brava persona”: ci si fida di
quest’uomo a braccetto con la moglie Franca, la first lady più cordiale della storia repubblicana. Di
Ciampi si è fidata a lungo e si fida l’Europa.
Di questi tempi, la fiducia è tutto. Se non tutto, tanto.