2002 aprile 28 Le Pen

2002 aprile 28 – Le Pen

E se provassimo a guardare alla Francia come se fosse la Francia e non la caricatura dell’Italia?
Viene da chiederselo visto il vizietto provinciale di prendere tutto ciò che di volta in volta capita
all’estero come fotocopia su misura per noi. Soltanto un paio d’anni fa, con la scusa di Clinton,
faceva furore ( a sinistra) l’”Ulivo mondiale”, pensa te, mentre (a destra) sembrava quasi che Haider
fosse sul punto di annettere politicamente il Nordest come un Land carinziano di complemento.
Cose da non credere.
Vorrei capire per esempio che cosa c’entri adesso uno come Le Pen con il bossismo, e del resto Le
Pen non deve essere mai stato nemmeno sfiorato dalla curiosità di approfondire la conoscenza di
monsieur Bossì. Proprio ieri intervistato da “Repubblica”, il capo del Fronte Nazionale di ultra
destra ha detto:”Nel Parlamento europeo Bossi siede a pochi metri da me, ma non l’ho mai
incontrato”. Neppure per sbaglio.
Badando alle loro biografie, Le Pen e Bossi una battaglia in comune a dire il vero l’hanno
combattuta, quella contro le tasse anche se ciascuno a modo suo. Bossi con la primissima Lega di
lotta e di protesta, a vantaggio del cosiddetto popolo delle partite Iva. Le Pen nel 1956, quando
Bossi aveva 15 anni, entrando in politica con il Partito Qualunquista di Puojade, un cartolibraio con
quattro figli a carico che guadagnava meno di un operaio della Renault e che raccolse il rancore e la
frustrazione di massa dei bottegai.
Per il resto, tra Le Pen e Bossi non c’è proprio storia in senso letterale. Bossi avrebbe fatto
volentieri a pezzi l’Italia e ficcato il nostro tricolore nel cesso. Le Pen ha da sempre un’idea
talmente nazionalista della Francia e sacra dello Stato francese che da deputato legittimò nel 1961 i
terroristi dell’Oas, l’Organizzazione armata segreta che si opponeva alla perdita dell’Algeria.
Il Fronte di Le Pen è sistematicamente tenuto fuori dal sistema politico anche se non dai suoi
giochetti sotto banco; la Lega di Bossi è già andata due volte al governo in otto anni. Ci fosse mai
stata una qualche simmetria tra Francia e Italia, ai tempi del secessionismo leghista la sinistra
italiana avrebbe per paradosso dovuto scegliere…Berlusconi per scongiurare Bossi!
Semmai, Jean Marie Le Pen ha detto nell’intervista di ieri un’altra cosa :”Non credo di spaventare il
signor Fini, che in altre circostanze era tanto contento di incontrarmi, perché voleva che lo
difendessi”. Il fatto è che Le Pen rievoca un Fini di 15/20 anni fa, che da allora ne ha fatta di strada,
fino alla piena legittimazione moderata.
In altre parole, Le Pen è Le Pen e sarebbe una semplificazione da prima elementare attribuirgli
adesso dei sosia nostrani all’ingrosso. Sarebbe a mio parere anche l’ennesimo auto inganno della
sinistra italiana.
Gli esiti possono rivelarsi anche grotteschi.Basti solo pensare che, in vista delle elezioni provinciali,
ripeto provinciali, i Comunisti Italiani hanno emesso a Treviso un comunicato scritto in francese,
“Nous réçevons une leçon…”, invitando a imparare in loco la lezione della Francia e dunque a
fermare la destra , peraltro divisa, dei lepenisti ad honorem Zaia (Lega) e Giacomin (Forza Italia)
attraverso la mobilitazione e l’unità di tutte le sinistre trevisane! Non è una battuta; è tutto vero.
Meglio ritornare sulla terra.” Anche uniti, siamo al 40 per cento”, ha dichiarato al Corriere
D’Alema, sola testa realistica, a me pare.
Tra girotondi e escursioni francesi, la sinistra italiana dovrà prima o poi rientrare a casa con una
“sua” politica scegliendo una volta per tutte se i moderati le siano essenziali ( come dimostrò Prodi)
o se siano superflui se non addirittura rimpiazzabili con i no-global ( come ritiene possibile
Bertinotti).E’ tutto affar suo,questo.
Invece, la Francia insegna altro, nel senso che Le Pen ha sbattuto sgradevolmente sul tavolo un
problema tutt’altro che inventato e propagandistico: la sicurezza. Ecco il fantasma che s’aggira per
questa Europa in cantiere: Le Pen lo ha estremizzato, Chirac lo ha usato, Jospin lo ha subìto. Il
primo ha vinto, il secondo ha limitato i danni, il terzo ha pagato per tutti.
Questa è la lezione generalizzata, buona per tutti, da Bari a Londra. Londra vorrebbe non a caso un
Giuliani, il sindaco della tolleranza zero applicata a New York, mentre il nuovo prefetto di polizia

di Parigi è stato in missione a Brooklyn, Harlem e nel Bronx per capire come si risponde alle paure
urbane.
Le statistiche che hanno stressato la Francia dimostrano che nel 1965 veniva identificato il 65 per
cento dei malfattori, il 40 per cento nel 1980 e ,attenzione, soltanto il 25 per cento nel 2001. Un
paio di settimane prima del voto presidenziale,un analista del settimanale progressista Le Nouvel
Observateur ha sostenuto che “l’ideologia post-sessantottina della sinistra non favorisce la
delinquenza, ma ostacola la lotta, dissuade la repressione, nega legittimità alle sanzioni”. E
aggiungeva:” Quando la destra s’impegna nella sicurezza, la sinistra l’ accusa di lepenismo”.
E’ stata anche coniata l’espressione “angelismo alla francese”, in pratica il nostro buonismo.Alla
vigilia delle elezioni un altro settimanale, il conservatore Le Point, aveva dedicato all’insicurezza
diffusa dieci pagine con il titolo :”Mais que fait la police?”. Non sapendo rispondere che cosa
facesse la polizia, deve aver risposto il 17 per cento del consenso a Jean Marie Le Pen.
Non c’è altro da imparare.