2002 aprile 24 Silea calcio

2002 aprile 24 – Calcio Silea

E’ una bellissima età soprattutto se per 75 anni una società sportiva non ha mai interrotto il suo
lavoro tra i ragazzi. E, poi, è così distante il 1927 del battesimo da mettere addosso tenerezza: basti
ricordare che l’allora Comune di Melma, dal nome latino del fiume, avrebbe cambiato
denominazione soltanto una decina di anni dopo. Sì, molto meglio chiamarlo finalmente Silea che
continuare con l’antichissimo e fangoso “Melemma”, vi pare?
75 anni fa c’era un mondo nemmeno confrontabile con il nostro di oggi, però anche lo sport dei
pionieri aveva le sue rogne tutt’altro che poetiche. Per chi non lo sapesse, lo scudetto del 1927 non
fu nemmeno assegnato perché un dirigente del Torino aveva corrotto per cinquantamila lire il
fortissimo terzino della Juve, Allemandi, poi amnistiato dai Savoia tanto da concludere la carriera a
Venezia. I schèi xe schèi, ahimè da che mondo è mondo, anche all’interno di genuine tradizioni
popolari.
Treviso è in questo senso una provincia percentualmente da primato, nel calcio come nel ciclismo
del resto, e tiene botta con una partecipazione da capogiro. Ben 770 squadre che fabbricano
football, per 196 società e con 2.500 dirigenti sparpagliati per campi e campetti ogni santa
domenica, a me sembrano davvero tante. Anche perché la legge dello sport (sacrificio) spesso e
volentieri si scontra piuttosto con tutt’altra cultura (divertimento) : è insomma un bel fenomeno che
tanta gente riesca invece a far coincidere nel pallone proprio il sacrificio e il divertimento.Cosa
questa che,detta tra parentesi, è la specialità anche di Michele Miriade, archivista delle passioni più
paesane e dunque nostro biografo autorizzato a vita.
Guardando al calcio del 2002, verrebbe quasi da domandarsi se serva ancora investire voglia, tempo
e denaro sui “dilettanti”, a cominciare dal settore “giovanile”, dal momento che il cosiddetto
“vivaio” sembra oscurato dall’import, dal mercato globale, dalla ricerca del campione esotico, dal
meticciato delle panchine, dalla moda dello straniero anche se brocco.Presto potremmo avere
perfino i pulcini d’importazione!
Tutto verissimo, eppure sono più che mai convinto che i tanti onorati Calcio Silea d’Italia siano
destinati a salvare tanto la tradizione nostrana, come si diceva ieri, quanto il business, come si dice
oggi. Il mercato neuro-miliardario sta distruggendo infatti il professionismo sotto la montagna di
duemila miliardi di debiti e spingendo i dilettanti a scimmiottare il karakiri dei professionisti. Su
questa strada non si potrà più continuare, questo è matematico, e i primi segni li vedo già, ad
esempio in Veneto.
Tre anni fa il Vicenza, ex “regina delle provinciali”, era rimasto con soli 140 ragazzini del settore
giovanile; oggi ne conta 300, con 15 società dilettantistiche affiliate. Ha anche in programma la
costruzione di un centro polivalente di 180 mila metri quadrati con 6/7 campi di calcio, senza
contare il resto per calcetto e calciotto. Certe vocazioni , invece di morire, provano a rinnovarsi con
sani investimenti in apparente controtendenza rispetto a tanti “ricchi scemi” in circolazione.
Siamo a una svolta. Un originalissimo personaggio ed ex calciatore del Perugia, Paolo Sollier,
suggerisce da anni che i vari Montella o Del Piero, Inzaghi o Toldo di turno, dovrebbero versare per
regolamento l’uno per cento dei loro guadagni ai club di origine che li hanno allevati. E lo stesso
avvocato Sergio Campana, nella graduale soppressione del vincolo anche tra i dilettanti, la limita ai
calciatori al di sopra dei 25 anni proprio per difendere il vivaio.Giusto questo calcio, anche sociale e
formativo oltre che economico, è la vera bandiera trevisana.
Buon compleanno, Silea! E tieni duro, così come dal 1927 e fino al 3000, sbirciando all’indietro
soltanto per capire meglio come andare avanti.
Giorgio Lago

25 aprile 2002