1996 maggio 12 Necessità di un patto

1996 maggio 12 – Necessità di un patto

Mai il Nordest è stato raccontato, vivisezionato, analizzato, come in questi ultimi giorni. Esattamente
dalla notte del 21 aprile, a urne politiche aperte. Un vero e proprio caso nazionale, che ha mobilitato
anche gli osservatori stranieri, a cominciare da quanti hanno a che fare nel loro Paese con forti spinte
all’autonomia o, addirittura, con Stati di freschissima data. Un esempio di qualche giorno fa: le inchieste
di tre giovani giornalisti, un catalano, un fiammingo, uno sloveno. Noi ne abbiamo ricavato una
conclusione assolutamente positiva, nel senso che, per la prima volta, emergeva dalle pagine dei giornali
e dai teleschermi una voglia autentica di capire. Non il mordi e fuggi delle inchieste fatte in taxi, non la
toccata e fuga delle impressioni raccolte a chilo, ma in generale un lavoro molto serio, scavato attraverso
le persone in carne ed ossa, a microfono aperto, consultando i dati socio-economici. Certo, non sono
mancate le tesi in naftalina, conservate nel chiuso dei pregiudizi, acritiche, immobili più
dell’immobilismo che vorrebbero denunciare. Voci tuttavia minoritarie; in questi venti giorni bisogna
riconoscere che le testate nazionali ed internazionali hanno reso al Nordest un ottimo servizio, cioè buona
informazione. Ma adesso tocca al Nordest. Come sempre accade in quel circuito di formula uno che è il
mondo della comunicazione di massa, presto il «caso» rientrerà, giustamente, nella quotidianità. E il
caso-Nordest si vedrà riconsegnato ai suoi protagonisti, qui, subito, ai cittadini, a chi lavora e produce,
agli elettori che hanno dato la scossa, ai sindaci, un crogiolo di opinione pubblica, quello che noi – a
costo di ripeterci – consideriamo laboratorio di protesta e di riforma, di repulsione verso «questo» Stato
e di bisogno di uno Stato «altro», luogo di cittadinanza, di bandiera, di mastice. Il laboratorio d’Italia,
beninteso, come non può non sapere chi si appresta a governare. Dare velocemente risposta alla civile
disobbedienza del Nordest, significherebbe infatti risolvere la questione settentrionale e, per simmetria,
cominciare a risolvere quella meridionale. Ne siamo arciconvinti, pur consapevoli degli ostacoli e delle
storiche resistenze. Troppe volte si è tentati di credere che il problema del Nordest si riassuma nella
necessità di individuare un leader, come se tutto dipendesse dalla rappresentanza di cultura, interessi,
servizi, inquietudini e speranze. Questa impostazione può indurre in errore e far perdere tempo prezioso.
A nostro parere, conta assai di più stipulare un patto. Se così li si può chiamare, gli stati generali del
Nordest, un momento di grande coesione in un’area che deve continuare a vivere le sue diversità come
una ricchezza senza pari ma che rischia la decadenza, più presto di quanto si creda, se perderà il momento
magico della produzione. Intendendo per produzione, la somma di risorse per ora sparpagliate. I
municipi, le imprese, le università, le categorie, le banche, chi nel mondo politico e sindacale avverte
nella società il senso del tempo scaduto. Stiamo già giocando i tempi supplementari di una scorbutica
partita di democrazia. Il laboratorio Nordest non può restare laboratorio a vita.

12 maggio 1996