1996 aprile 11 Nord-Est, miracoli e inganni

Il Piccolo
1996 aprile 11 – Nord-est, miracoli e inganni
«Boom» e dintorni secondo Lago, direttore del Gazzettino
Il tempo di Internet e il tempo delle stagioni contadine. Il Teatro «La Fenice» scompare in un rogo e
l’Harry’s Bar raccoglie prenotazioni per il Capodanno del Duemila. Sono uno strano impasto, un
«budino sociale», questi anni Novanta dove nessuno potrebbe più scrivere «Guerra e pace» o «Via col
vento»: «Al massimo aforismi, schegge, diari». L’informazione brucia tutto nel giro di 24 ore: «Se i Re
Magi avessero portato la lieta novella in diretta tv, a Betlemme sarebbe nato Pippo Baudo». E non si sa
più quanto sia attuale una battuta di Gaetano Afeltra: «Scriviamo per quelli che non ci pagano: i
lettori».
Giorgio Lago, 58 anni, direttore del «Gazzettino» dal 20 giugno 1984 (e in procinto, fra poco, di
consegnare il testimone), in un libro-intervista a cura di Gianni Montagni («Nordest chiama Italia»,
Neri Pozza, pagg. 129, lire 20 mila) interpreta se stesso, e quell’area «del benessere e della protesta»
che identifica nel Nord-Est d’Italia. Il libro è un diario morale. Con i riferimenti di un giornalismo da
prima linea, dove emergono alcune stelle fisse, come il friulano padre Davide Maria Turoldo che «con
al poesia resisteva al pensiero debole della modernità».
In un editoriale dell’11 settembre dello scorso anno («Ma quanto siamo fessi…»), Lago avverte che
dietro i tanti riconoscimenti al «boom» industriale del Nord-Est si nasconde un tranello. Uno
sfruttamento in atto alle potenzialità di un’area in forte crescita, perché queste non si traducano in peso
politico: «Siamo il cuore del policentrismo economico, ma a corto di servizi pubblici, di denaro a buon
costo e di salotti finanziari pronti a rastrellare enormi risorse alla faccia delle stesse privatizzazioni». E
sullo sfondo si muovono «gli gnomi della finanza» (che Lago non ha certo in simpatia). Quello stesso
mercato finanziario che parla di «boom» a Nord-Est ma continua a privilegiare il sistema delle grandi
imprese.
Il «miracolo» triveneto è diventato un modello da studiare anche al vertice dei Grandi Paesi
industrializzati. Ma si dimentica che questo sistema rischia grosso: «Un sacco di aziende non riescono a
investire come vorrebbero con una tassazione arrivata al 70.73 per cento».
Non solo. C’è anche una amministrazione pubblica inefficiente da riformare. Fra questione morale e
federalismo Lago inizia dalle colonne del suo giornale una campagna che culminerà nel movimento dei
sindaci a Nord Est, insistendo sul fatto che soltanto un federalismo forte può scongiurare le istanze di
secessionismo: «Quando parla di indipendentismo del Nord, Bossi crede di mostrare i muscoli: al
contrario confessa una totale debolezza culturale e storica. Non si riforma lo Stato rinunciandovi.
Roma, simbolo della Macchina che non funziona più, va conquistata svuotandola» scrive Lago «di tutti
i poteri che i Comuni e le Regioni possono gestire in proprio».
Il Nord-Est di Lago attraversa il Veneto dei Del Vecchio («Un martinitt che senza passare per Milano è
approdato direttamente alla Borsa di New York), dell’europeista Marzotto e dei Benetton: ma il
modello economico resta quello dei dei signori signor Nessuno», il capitalismo della porta accanto.
Lago e il suo giornale scendono in pista: «I giornali non devono schierarsi, altrimenti diventano un
sottoprodotto della politica. Ma questo non significa che non possano prendere posizione sui fatti». La

vecchia classe politica veneta dei Bernini e dei De Michelis è sparita, incenerita da Tangentopoli. E poi
l’incessante sostegno a Mani Pulite: «Meglio la intransigenza robesperriana di borrelli che certi
procuratori-zerbino della Prima Repubblica».
Gli imprenditori cedono spesso alla tentazione di intervenire sui temi roventi di una transizione politica
in atto ma non hanno alcun interesse a fare politica in prima persona «perché sono troppo impegnati a
ricercare il profitto». Anche se si capisce che qualche idea per cambiare le cose ce l’avrebbero.
Lago intuisce che bisogna dare voce alla gente, che sono in pratica i suoi lettori: «Oggi c’è troppa
inerzia, quieto vivere, troppo conformismo». Bisogna dare voce alla protesta, ai giovani, alle forse
produttive: «Se in undici anni non si realizza un semaforo indispensabile quando mai riusciremo a far
funzionare il Paese?».
Emerge un progetto: la macro-regione a Nord-Est che vuol dire far funzionare meglio lo Stato e
assicurare più autonomia per tutti. Un progetto, avverte Lago, che si sta già realizzando attraverso gli
accorpamenti delle banche e tutte quelle aziende che sono già cadute addirittura in mani straniere.
L’economia corre a velocità doppia rispetto alla società civile anche perché i capitali attraversano le
singole identità delle regioni. La globalizzazione dei mercati colpisce anche il Nord-Est: cambia il
controllo delle imprese, arrivano i capitali dall’estero: «A forza di controllarci l’un l’altro nel
condominio Nord-Est… gli altri ci comprano il condominio».
Piercarlo Fiumanò
aprile 1996