1995 settembre 11 Ma quanto siamo fessi…

1995 settembre 11 – Ma quanto siamo fessi…

Si faccia la fusione tra Quirinale e Mediobanca! Con il trasloco di Enrico Cuccia sul Colle avremmo
almeno la sintesi suprema dell’Italia. Un nocciolo duro di potere che tiene alla larga il 90 per cento
dell’economia reale; il salotto buono della finanza che considera le imprese medie e piccole, gli
azionisti minori e il capitalismo diffuso un immenso parco buoi.

Agnelli può concentrare tutto in un silenzio di tomba; De Benedetti confessa l’enormità del buco
dell’Olivetti poche ore prima dell’operazione-salvataggio. Nell’uno come nell’altro caso trasparenza
zero, informazione sottozero, i risparmiatori non esistono.

L’organo di controllo della Borsa barcolla ancora nel buio. L’Antitrust indagherà (lo dice il più veloce
Amato) “quando sarà il momento”, il garante dell’editoria conta meno del due di coppe. Fenomeno
mondiale, le concentrazioni richiedono regole ferree a tutela del consumatore e della democrazia: se
una democrazia può morire di golpe, può soffocare anche di potentati economici, formalmente in
guanti bianche, sostanzialmente killer del mercato.

Ma l’Italia non se ne cura. Tra i Paesi capitalistici è il più oligarchico del mondo.

Le banche fanno il muso duro all’impresa media o piccola, le coccole ai grandi gruppi. Ha ragione
Fini, c’è uno scandalo bancario ancora tutto da sollevare, un monopolio sommerso sempre pronto
sempre alle stesse operazioni. Con operai espulsi a migliaia e manager da copertina sempre saldi al
loro posto.

Commentando quella che ha portato la chimica privata nell’orbita di Cuccia-Agnelli con “Gemina”,
il quotidiano statunitense Herald Tribune, che non è la vecchia…Pravda!, ha scritto: “ Immaginate
un magnate americano che, con il suo alleato più fidato, controlli un impero che include la General
Motors, la Citybank, la Chase Manhattan, il gruppo assicurativo Prudential e in più sia il Washinton
post che il New York Times”.

Blocchi di potere che scandalizzano anche gli Stati Uniti, che pure è il primo Paese capitalista. Paese
vecchio il nostro, sistema inefficiente, capitalismo protetto. Gruppi che a turno usano lo Stato e il
mercato, senza assoggettarsi né all’uno né all’altro, conservando la libertà d’azione consentita dal
privilegio bancario, finanziario, politico. La Fiat e l’Olivetti ne sono esempi da manuale.

Applicata su vasta scala la par condicio finanziaria, il panorama delle medie e piccole aziende ne
risulterebbe rivoluzionato. In meglio, beninteso, infinitamente in meglio. Ma in base alla stessa par
condicio, Fiat e Olivetti oggi non sarebbero più proprietà di Agnelli o di De Benedetti.

Stupisce il troppo silenzio. Il silenzio di Confindustria, che finora non ha avuto nulla da dire e da
ridire. Stupisce ancor di più la disattenzione di aree, come il Nordest, che rappresentano il cuore del
policentrismo economico e il modello del fai da te, ma a corto di servizi pubblici, di denaro a buon
costo e di salotti finanziari pronti a rastrellare enormi risorse alla faccia delle stesse privatizzazioni.

Se il Nordest continuerà a fregarsene, della chimica e dell’altro, almeno non perda tempo in convegni
per dirsi “come siamo bravi”. Suggerisco un tema più aggiornato: quanto siamo fessi.