1995 ottobre 17 Una scelta scomoda, ma giusta

1995 ottobre 17 – Una scelta scomoda, ma giusta

Capisco benissimo il travaglio dei leghisti del Nord Est: temono di perdere il brevetto del federalismo,
sospettano che la protesta si annacqui per adesioni dell’ultima ora; aborriscono che il movimento dei
sindaci finisca con il connotarsi politicamente a loro svantaggio. È comprensibile che chi ha contestato
duramente il sistema, addirittura prima di Mani Pulite, abbia la debolezza della primogenitura. Ma
politicamente è una debolezza che può diventare un boomerang. Da sola, nessuna Lega riuscirà mai a
imporre, non dico la Repubblica Federale Italiana, ma nemmeno qualche brandello di riforma. Per
cambiare questo Stato occorre allargare il consenso, suscitare alleanze, superare il tornaconto di simbolo.
Esattamente questo sta accadendo, con il Nord Est leader, e di questo l’elettorato leghista dovrebbe
sentirsi molto soddisfatto. È una fortuna storica che qui la sinistra sia guidata da un esponente come
Cacciari, più scomodo al…Pds di D’Alema che a qualsiasi altro partito! E per una ragione elementare:
nessun uomo della sinistra italiana ha lo stesso spessore riformista di Cacciari, autentico demolitore di
tanti tic, tabù, complessi e ritardi di casa a Botteghe Oscure. È inoltre una coincidenza non da poco che,
in Regione Veneto, un presidente di Forza Italia abbia spiazzato un po’ tutti imboccando la strada di un
pur timido progetto federale e dell’autonomia dei Comuni. Prima di lavorare alla Fininvest, i testi dei
padri liberali Galan se li era letti: e la cosa non gli deve aver fatto male. A Nord Est, laboratorio di quanto
accadrà altrove, la Lega si è trovata a un bivio. Restare parte essenziale del movimento riformista o
consegnare a Cacciari e Galan il testimone per il quale si è a lungo battuta. Nel primo caso, si rende più
autonoma da Bossi ma più utile al Paese; nel secondo, direbbe “obbedisco” a Bossi ma farebbe una fatica
bestiale a spiegare perché la gelosia del senatore è un dogma. A volte si ha l’impressione che per
perpetuare la sua unica ragione di vita – la protesta – Umberto Bossi lavori a non risolvere proprio i
problemi che scatenarono quella provvidenziale protesta.

17 ottobre 1995