1995 luglio 17 Torta, non tavolo

1995 luglio 17 – Torta, non tavolo

Non si metteranno mai d’accorso su nulla, questo è pacifico, anche perché trattano di riforme come
se spartissero poltrone. Tu dammi un po’ di presidenzialismo e io ti do il doppio turno elettorale: il
tavolo delle regole mercifica così, figuriamoci. Non ci si chiede che cosa sia utile per far funzionare
meglio la politica, ma che cosa serva a ciascun partito oggi, in questo momento, senza alcuna
prospettiva né di medio né di lungo termine.

Mancano un minimo di visione e la voglia di affrontare una fase davvero costituente che dia coerenza
a tre necessità di prima grandezza:

1) modificare la forma di Stato, in senso fortemente federale, perché l’Italia ha bisogno di esaltare
ogni autonomia;

2) innovare a fondo i poteri di chi governa, nel nome della stabilità e dell’efficienza

3) esaltare al massimo la funzione di controllo del Parlamento.

Soltanto così si uscirebbe dalla Prima Repubblica, ma per far questo occorre eleggere un’Assemblea
Costituente che faccia una nuova Costituzione. E’l’unica strada, da un lato per sfuggire alla
mediocrità dei tavoli e tavolini pseudoriformisti, dall’altro per liberarci dalla palla al piede dei
costituzionalisti, uno più conservatore dell’altro. Qui almeno ha ragione Silvio Berlusconi che, in una
lettera alla “Stampa” di Torino, ha scritto ieri: “In una democrazia seria il primo costituzionalista è il
cittadino”.

Se dessimo retta ai fondamentalisti dell’articolo 138, gli italiani dovrebbero tenersi questa
Costituzione così come sta fino alla fine dei tempi! Immodificabile, se non a prezzo di una guerra, di
un colpo di stato o di una rivoluzione con le barricate. Roba da non credere.

Sul piano dei diritti civili e sociali, abbiamo una Costituzione molto buona, che va conservata tale e
quale. Sul piano delle Istituzioni, va invece consegnata alla storia, non si può dire se sia buona o
cattiva, semplicemente non fa più al caso nostro, è superata.

Non lo diciamo noi, lo dicono proprio loro, i signori dei tavoli. Il centro-sinistra e la Lega pretendono
il federalismo; il centro-destra e groppuscoli sparsi (vedi Segni) vogliono a tutti i costi il
presidenzialismo: ebbene, né del federalismo né del presidenzialismo si trova la benchè minima
traccia nella nostra Costituzione. E allora, vogliamo trarne rapidamente le conclusioni senza barare?
Si faccia un’Assemblea Costituente e si lavori sodo: in sei mesi, massimo un anno, un Paese serio
potrebbe uscirne con storici benefici. Solo dopo aver rifatto lo Stato, la politica italiana rinascerà.

Ma l’impressione è che la riforma interessi poco in confronto alle elezioni. Sono tutti li che si
scannano per conquistare la prima fila: è la pole position che interessa, non il cambiamento radicale
di questo nostro Stato vicino alla paralisi, padre padrone di una politica sempre più prigioniera della
macchina. La burocrazia appunto che guida oramai la politica, non viceversa.

In queste condizioni, votare fra quattro mesi o fra nove è una questione miserevole, da par condicio
e affini, roba da regolare in quarant’otto ore. Finiremo con il votare ancora sul nulla o quasi,
continuando a navigare a vista, senza bussola. Ahinoi, la Seconda Repubblica è tutta da costruire ma
i suoi artefici sembrano già cotti prima di cominciare.