1995 giugno 18 Se perdono i sindacati

1995 giugno 18 – Se perdono i sindacati

Nel 1994 l’Alitalia ha perso 280 miliardi, il chè è già considerato un successo. L’azienda pubblica
con il monopolio del nostro traffico aereo ha i bilanci in rosso da sette anni, ma nel 1994 ha almeno
pagato 100 miliardi in più per favorire l’esodo di 1600 dipendenti in esubero.
Cifre alla mano, l’azienda dell’Iri sostiene di avere “il personale navigante più pagato del mondo”.
Da gennaio è guerra con i piloti, su tutto.
Qui non interessa entrare in merito della vertenza. Importa il come dello sciopero.
A centinaia, i piloti si ammalano, denunciano o cerchio alla testa o stress, trovano medici pronti ad
accertare il palese inganno, si indignano per le visite fiscali ordinate dal ministero, cominciano a
guarire in massa non appena si intensificano i controlli. Quando si è ammalati, non scatta la
precettazione e non si perde una lira per la giornata di sciopero: oltre che finta, l’epidemia è
vantaggiosa.
Naturalmente, balza agli occhi il dis-servizio di un servizio nevralgico come il trasporto aereo. Si è
parlato di mancanza di rispetto per i passeggeri, del tutto in balia, vessati dalla mancanza di regole,
sballottati qua e là, disinformati, in preda a più che comprensibili crisi di nervi.
Grave, gravissimo, ma trovo anche peggiore un altro aspetto. La perdita di dignità professionale,
l’assenza di rispetto verso sè stessi prima ancora che verso gli utenti.
Fare il pilota è una cosa seria, qualificata, di grande responsabilità; un lavoro che dà prestigio a chi
lo svolge e sicurezza a chi ne gode. Come si fa a darsi ammalati per sostenere una vertenza
sindacale, come si fa a giocare sulla reputazione di un ruolo per definizione pubblico? Con quale
faccia si affronta la visita fiscale guarendo alla chitichella, di soppiatto, sotto gli occhi dell’opinione
pubblica?
Sono queste le cose che fanno cadere le braccia in questa nostra Italia alla ricerca di una qualche
identità civile. Non spaventa la transizione politica; atterrisce l’egoismo che dà spettacolo in sé
senza battere ciglio, incurante delle conseguenze, cieco sui fini e sui mezzi.
Ma c’è dell’altro e di peggio. Ciò che accade in questi giorni nei servizi pubblici, a cominciare
dall’Alitalia, rappresenta molto probabilmente l’aperitivo della nuova cultura sindacale dopo i
referendum.
I referendum hanno punito le grandi organizzazioni sindacali proprio quando erano impegnate in
uno sforzo senza precedenti di autonomia (rispetto al potere dei partiti) e di innovazione (rispetto al
vecchio assistenzialismo). Nell’urna si è realizzato un mostruoso matrimonio tra i liberisti di destra
e gli ultra comunisti di Rifondazione, i primi per rivincita sul sindacato in sé e i secondi per
organizzare in proprio frazioni di sindacato.
Se per Bertinotti si trattava di un calcolo interno alla sinistra, per i liberisti, siamo
all’autolesionismo. La lezione inferta dalla cosiddetta “Triplice” (Cgil, Cisl, Uil) nel nome della
presunta libertà sindacale sarà pagata proprio da chi, soprattutto nel mondo dell’impresa, ha bisogno
di trattare con un sindacato forte, unitario, credibile. Il contrario del cobismo, dell’assalto alla
diligenza, della guerra tra corporazioni pubbliche e private, frantumate in mille sigle.
Altro che ribelli, i piloti dell’Alitalia sono le avanguardie del nuovo ordine sindacale uscito dal
disordine referendario. Ben gli sta.