1995 agosto 20 Per favore leggete la pagina cinque

1995 agosto 20 Per favore leggete la pagina cinque

Mi permetto di chiedere ai lettori il favore personale di leggere l’intera pagina 5. Tutta, dalla prima
all’ultima riga.
Le vacanze spingono com’è giusto all’evasione, il contro esodo incombe, le notizie sono tante e un
lettore medio – così dicono le statistiche – dedica al suo quotidiano quindici minuti al giorno, pochi
per tirarla per le lunghe. Ma stavolta l’argomento merita un’eccezione: se non tutta d’un fiato, magari
conservandola, pagina 5 va letta.
Riguarda quello che noi abbiamo chiamato “il semaforo del giorno dopo”, a Motta di Livenza, una
delle più belle, minuscole città del Veneto orientale. A provocare la nostra inchiesta è stato un
incidente stradale con tanto sangue, una famiglia cancellata, un camion incosciente, un’imprudenza
da galera.
Ma l’incidente nasconde una storia, quel fatto accidentale un’altra macchina, questa volta senza ruote
eppure altrettanto micidiale, anzi il doppio, il triplo, cento volte più colpevole. Più costosa anche,
senza faccia, senza responsabilità, non processabile né per omicidio colposo né per omissione in atti
d’ufficio: la macchina della burocrazia. Di questa ci siamo voluti occupare, con un nostro cronista a
scartabellare pratiche in municipio a Motta di Livenza e in Provincia di Treviso.
Leggete per favore pagina 5 riga per riga. La bibbia dell’assurdo elevato a sistema, un Kafka
involontario che fotografa nient’altro che la nostra vita quotidiana di cittadini. Qualche anno fa un
saggio di Pasquino parlò di “cittadini ombra”, che contano come il due di coppe; oggi potremmo
autodefinirci “cittadini minorati”, che non contano niente e che riescono anche a farsi prendere per i
fondelli in carta bollata.
Una storia che a capire come quel semaforo sia in realtà l’Italia, il nostro Paese, la nostra pazzia.
Dicono che c’è in giro tanta violenza. Ma quale violenza!, vedo in giro tanta pazienza, tanta resistenza
civile, tanta speranza nonostante tutto. Questo vedo, una pazienza da primato mondiale che ci fa
sopportare persino la mancata paternità burocratica degli atti. Perché la macchina rende i suoi uomini
tutti opachi, di pietra grigia, anche i migliori, anche i bravi, anche i tanti onesti che resistono nella
pubblica amministrazione.
La nostra inchiesta su Motta di Livenza, luogo come dieci, cento, mille metafora dell’Italia ’95, non
è finita. Aspettiamo la già annunciata risposta della regione Veneto prima di tirare le somme, ma una
prima morale si può ricavare.
Le rivoluzioni sono sempre nate da elites, oggi rappresentate dagli amministratori eletti dal popolo.
Se un sindaco spacca la macchina burocratica, lo isolano e lo fanno fuori alla svelta; se i sindaci, se i
presidenti di Provincia e di Regione, se queste elites sfrutteranno, ma insieme, la pazienza che ancora
li circonda forse disarmeranno anche la violenza che per ora tuona di lontano.
Insieme per cambiare, o di burocrazia morirà ogni riforma.