1993 marzo 9 Domenica c’è stato un golpe

1993 marzo 9 – Domenica c’è stato un golpe

Domenica c’è stato un golpe, il primo golpe progressista. Non perché il capo dello Stato ha detto stop
al decreto assolutorio del Governo, ma perché Scalfaro ha dato immediatamente corpo istituzionale
all’opinione pubblica.
Dopo anni opachi, il vero potere costituente si esercita oggi totalmente fuori dal Palazzo. Non è ancora
un potere in grado di formalizzare il nuovo, ma riesce già a impedire che il vecchio si prenda gioco
del Paese.
E’il potere dell’opinione pubblica, a più voci, composito, un magma di democrazia diretta che
accelera come non mai i tempi della politica. Non capita tutti i giorni che un Paese si trovi di colpo
tutto e senza esitazione dalla parte di un magistrato. Il procuratore di Milano Borrelli.
Come aveva benissimo previsto l’ex capo dello Stato, dopo Cossiga la presidenza della Repubblica
non è e non sarò più quella di prima. Così, Scalfaro ha capito al volo che non doveva perdere
nemmeno un minuto; se avesse esitato anche un solo giorno, lo stesso Quirinale non avrebbe più
rappresentato nessuno. Il suo no ad Amato è stato un gesto di raffinato opportunismo, dunque di
responsabilità e di duttilità.
Che lo abbia fatto un Presidente noto non quale picconatore ma come strenuo difensore della
legittimità di questo Parlamento e della utilità di questo Governo, accresce il significato del gesto. Gli
deve essere costato molto quel Conso al limite delle dimissioni e quell’Amato costretto a ritirare il
suo primo decreto su Tangentopoli.
Vale la pena di ribadirlo. Un “governo dei giudici” sarebbe nefasto; infinitamente peggiore uno dei
giornalisti: in una democrazia degna del nome, nessun ruolo deve occupare l’altro. Non a caso ci
troviamo in mezzo a tanti guai proprio perché i partiti hanno invaso lo Stato, abrogando di fatto lettera
e spirito della Costituzione. Ciò premesso, giudici scrupolosi e giornali liberi possono dare una mano
non da poco per restaurare il sentimento di legalità, oggi al primo posto nella rinnovata scala dei
valori del cittadino.
Quel decreto ha poi dimostrato qualcosa che, forse, stava sfuggendo a troppi. E cioè che viviamo il
momento cruciale; che è tuttora in atto una battaglia; che gli apparati di potere non hanno ancora
rinunciato all’idea di intorbidare le acque e di uscirne politicamente indenni o quasi. Sempre meglio
saperlo.