1993 maggio 24 Occorre fare presto

1993 maggio 24 – Occorre fare presto

Di lentezza si può anche morire. Quando tutto cambia, i tempi fanno sostanza, complicano la crisi o
la sventano: dipende dalla velocità di risposta.
Dobbiamo far presto con la mafia. Approfittare dello sparpagliamento logistico dei vecchi poteri,
oggi in affanno perché si sono incrinati i collegamenti, coperture, vantaggiose omertà fin dentro lo
Stato.
Far presto con la riforma elettorale per liquidare questo Parlamento, prima pietra del ritorno alla
credibilità. Senza la quale non sarà possibile affrontare il problema dei problemi: il risanamento dei
conti dello Stato.
Far presto con la restaurazione della legalità. I magistrati di Milano promettono la conclusione delle
inchieste nel giro di un anno, ma chiedono, per renderle più rapide, il varo di una “attenuante” che
renda penalmente più lieve la posizione di quanti collaborano senza riserve a smascherare
Tangentopoli.
Dobbiamo far presto soprattutto con l’azzeramento dei partiti. Oramai sono scatole vuote; i loro leader
– ma si possono ancora chiamare così? – camminano in gruppo verso il museo delle cere.
Da qui il punto cruciale. Questi partiti non hanno eredi ne possono più nominarli avendo consumato
l’eredità. L’opinione pubblica li ha politicamente diseredati, perché non ne riconosce nessuno come
alternativo o diverso.
Poveri partiti laici! La loro esiguità elettorale poteva trasformarsi in vantaggio ora che marciscono
nel sottopotere i partiti di massa.
Ma il sistema divora sè stesso, senza scampo. Semmai infierendo sulla albagia di un La Malfa o sulla
futilità di un Altissimo.
Il peggio accade non a caso a sinistra, dove tutto si frantuma perché paga insieme tre fallimenti: del
comunismo, del craxismo e della socialdemocrazia di bottega.
Questi partiti sono finiti per sempre. Tocca alla società, ai movimenti, alle categorie, a chi fino a ieri
non contava nulla, ricostruire il consenso. Come ha sperimentato la Lega Nord.
Lo stesso Martinazzoli è tuttora lento, troppo lento, tiene ancora il passo di Piazza del Gesù. La vera
spinta per l’oltre-Dc viene soltanto dall’associazionismo, dai cattolici, dai Popolari di Segni, da quella
base sociale che Giovanni Bianchi chiama “i barbari”. Senza “i barbari” – scommette il presidente
delle Acli – anche Martinazzoli è finito, fallirà.
La metafora dei “barbari” vale per tutti i partiti. Forze, idee, uomini nuovi per non riformare il
vecchio, ma per sostituirlo dalla radice. I tempi si fanno sempre più stretti.