1993 febbraio 24 Casson lo vedono come il fumo negli occhi

1993 febbraio 24 – Casson lo vedono come il fumo negli occhi

Casson lo vedono come il fumo negli occhi, un persecutore incallito, e buon per lui che dispone di
una preparazione giuridica da tutti riconosciuta, sennò lo avrebbero già messo nelle condizioni di
calmarsi. Salvarani poi, l’inquisitore di Bernini e De Michelis, veniva bollato come comunista
militante, assolutamente settario, gran inventore di teoremi accusatori.
Quando l’inchiesta sulle tangenti nel Veneto prima lo aggregò a Salvarani poi lo vide titolare in prima
persona, inquisiti e potenziali indiziati si illusero che il pm Carlo Nordio avrebbe allentato in qualche
modo la presa sui cento rivoli della corruzione. Lo si raccontava come un trevigiano affascinato dalla
cultura francese e dai cavalli, un giudice di stampo liberale, dunque strenuo avversario della
politicizzazione della magistratura.
Tutto vero oltre che apprezzabile, sennonché classificazioni molto datate e schematiche suggerivano
agli inquisiti di turno un’illusione senza fondamento, e cioè che quel giudice sarebbe stato più
comodo, meno intransigente, più tollerante.
Il sistema è decrepito anche per ottusità. Si trova sempre spiazzato, sorpreso dagli eventi, stupito dal
fatto che esistano ad esempio giudici decisi a fare la propria parte senza porsi problemi diversi
dall’applicazione pura e semplice della legge. Così Di Pietro, così Nordio.
I quali non fanno una piega né al cospetto della Fiat, né di fronte ai vertici della regione Veneto
nemmeno se in carica proprio nel nome del dopo-tangenti. Indipendentemente dall’evoluzione
processuale delle inchieste, l’opinione pubblica ne ricava la certezza che per la prima volta dal
dopoguerra in poi non ci sono più né conti né cariche protezione.
Con una differenza tra Milano e Venezia che fa pensare: l’omertà è ancora molto forte soltanto a
Nordest. A Milano la catarsi ha spinto migliaia di persone a liberarsi di quanto sapevano, a cominciare
proprio dal portaborse; nel Veneto, un mare di reticenza, di dinieghi, di silenzi, di ricorsi alla facoltà
di non rispondere.
Proprio Nordio, prima ancora di Di Pietro, si appellò alla collaborazione degli imprenditori per
accelerare la ricerca delle responsabilità e il superamento dell’emergenza ladri. Un appello quasi
caduto nel vuoto. Ma la corruzione è così capillare da riempire le Procure anche dove le complicità
sono ancora dure a morire e puntano sulla soluzione ““politica” di Tangentopoli.
Prenderanno altre plateali cantonate. Come con i Casson, con i Salvarani, con i Nordio del caso.