1992 luglio 21 Maxi trasferimento di Boss mafiosi
1992 luglio 21- Maxi trasferimento di Boss mafiosi
Nelle ultime 24 ore gli italiani hanno sentito da fonti ufficiali o ufficiose o di assoluta affidabilità
che è ferma la nomina del superprocuratore antimafia prevista per legge; che le norme approvate sul
riciclaggio del denaro mafioso sono aggirate dal mondo finanziario e bancario; che la legge sui
pentiti e sui testimoni da proteggere non viene applicata; che la cosiddetta Fbi italiana conta su 300
uomini al posto dei 3 mila previsti.
Gli italiani hanno saputo anche che il bersaglio numero uno della mafia dopo l’eliminazione di
Falcone, il giudice Borsellino, godeva di scorta e autoblindata ma non della bonifica preventiva sui
luoghi ove si recava per impegni d’ufficio o privati. Hanno cioè avuto l’ennesima conferma che gli
apparati, la burocrazia, le strutture, tutta la macchina politico-istituzionale non riesce o non vuole
dare seguito nemmeno ai provvedimenti e alle leggi già in vigore.
Esiste un uomo responsabile che, come Cossiga ai tempi del rapimento Moro, manifesti la dignità
delle dimissioni? C’è un politico, un prefetto, un pezzo di questo Stato incosciente o complice che
sia disposto a mettere in gioco la sua carriera? C’è un solo membro del Consiglio superiore della
magistratura, a cominciare dall’ineffabile Galloni, che sia disposto a mettersi da parte dopo che
proprio i Falcone, i Borsellino, gli Ayala, hanno subito le angherie di chi per definizione li avrebbe
dovuti scegliere come bandiera?
Quando ai funerali di un servitore dello Stato la famiglia rifiuta la presenza della classe politica,
vuol dire che muore con lui anche la fiducia, quel patto di credibilità sul quale, non per solo lutto,
dovrà pur ritrovarsi con urgenza questo Paese. Ieri Palermo era rassegnata, come assente, ma l’Italia
non può più permetterselo. Questo sistema o cambia o salta.