1991 marzo 10 Una prova per l’Italia

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 10/03/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: ALBANIA *, PROFUGHI
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: UNA PROVA PER L’ITALIA. Albania. Più di 30.000 i profughi sbarcati in Puglia.
Caos, pericoli. Accuse al Governo mossosi in ritardo
di Giorgio Lago

A un gruppo di liceali trevigiani di ritorno da una gita di studio a Parigi, è stato chiesto quale aspetto li
avesse maggiormente colpiti. «L’organizzazione della città», hanno risposto. Noi organizzati non
siamo. Spesso le dinamiche del nostro tempo colgono l’Italia di soprassalto. Siamo i più bravi al mondo
a cavarcela nonostante il disordine; i più lenti tra i Paesi industrializzati a mettere ordine nello Stato.
Non per nulla, l’emergenza sta diventando la regola; è tutto emergenza, la spesa pubblica, il
centralismo, la mafia, la giustizia, i rifiuti, le pensioni, le aree urbane, il diluvio di leggi, la politica
dell’affarismo. L’ultima cosa che può stupire, di fronte all’arrembaggio di migliaia di albanesi, è il
caos. Se funzionano malissimo i servizi di ordinaria amministrazione, non si vede come potremmo
rispondere a puntino nella straordinarietà delle circostanze. A rigor di logica, dovremmo ricacciarli
tutti a casa loro. Gli albanesi come gli extracomunitari o i polacchi, perché non riusciamo ad
amministrarli e meno che meno ad aiutarli e diventare nostri concittadini. Se la Germania si prende
cura senza batter ciglio di oltre un milione di profughi dall’Est, per l’Italia diventano un dramma biblico
trentamila esuli da Tirana senza contare che nessuno è ancora riuscito a regolarizzare mezzo milione di
immigrati soprattutto africani. Presa d’assalto, Brindisi spera nella Regione Puglia; la Puglia nello
Stato; lo Stato nella Protezione dello stellone d’Italia più che in quella civile. Nessuno s’illude su nulla
ed è più che comprensibile la reazione di chi teme non tanto lo sbarco degli albanesi quanto l’incuria
della nostra macchina statale. Pur tuttavia, non possiamo. Noi che abbiamo impiegato dei mesi per
inviare un paio di navi nel Golfo, non possiamo schierare la marina militare contro queste barche della
disperazione. Noi che abbiamo dato fondo a tutte le scorte del libro «Cuore» per due piloti di
professione, l’uno prigioniero l’altro disperso, non possiamo prosciugare di colpo le pupille e buttare a
mare anche i bambini soltanto perché non in grado di dichiararsi «rifugiati politici». Ieri gli
extracomunitari, oggi a maggior ragione gli albanesi, domani – chissà mai – sloveni o croati,
rappresentano a prova più scomoda. Per assolverci come Paese serio, che accetta rischi del mondo degli

ultimi, che sa ricordare la propria storia di fame, che scopre nell’inefficienza un ostacolo alla solidarietà
duro quanto l’egoismo. La vera vergogna è dire no agli altri perché abbiamo paura di noi stessi.
marzo 1991