1991 giugno 27 Chiuse le frontiere con l’Italia

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 27/06/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: JUGOSLAVIA, CROAZIA, SLOVENIA
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: CHIUSE LE FRONTIERE CON L’ITALIA /
Slovenia e Croazia. Primi morti dopo la dichiarazione di indipendenza

di Giorgio Lago

Bush, Baker, gli Stati Uniti e la Cee, il ministro degli Esteri De Michelis: di fronte alla frantumazione
jugoslava, si sono schierati tutti per «l’unità» negando a priori il riconoscimento dei due nuovi Stati, la
Slovenia e la Croazia. Gli indipendentisti di Lubiana e di Zagabria cantano gli inni nazionali con la
mano nel cuore, ma sono più che mai soli. La diplomazia è conservatrice; la geopolitica si aggrappa
agli equilibri internazionali; gli Stati detestano per definizione il riemergere delle nazionalità; le
Potenze, grandi e piccole, fanno coincidere gli tessi interessi con la stabilità. E i popoli? Che aspettino
pure. Diciamo tutta la verità, fino in fondo. In Occidente, abbiamo seguito con diffidenza i Paesi
baltici nel tentativo di ricuperare la sovranità; abbiamo capito in ritardo l’inarrestabile urgenza che
spingeva la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Polonia, la Romania, la stessa Albania, a spezzare lo
schema dell’Europa ereditato dalla seconda guerra mondiale. Sotto sotto ci domandavamo se all’Est
non fossero tutti diventati matti, di colpo privi di senso della storia, incapaci di realismo e di gradualità.
Anche per questo nessuno di noi fu capace di intuire la repentina caduta del Muro di Berlino e la
riunificazione tedesca senza sparare un solo colpo. Il fatto è che, al cospetto di un mondo nuovo,
disponiamo di vecchissimi schemi mentali. Quella che sembra saggezza, in realtà nasconde una buona
dose di incomprensione. Pochi giorni fa a Belgrado, lo stesso segretario di Stato americano, Baker,
aveva ammonito: «La preservazione dell’unità era e rimane il modo migliore di assicurare alla
Jugoslavia l’assistenza economica internazionale». Una pressione vecchia quanto il mondo, dettata dal
buon senso, ma viziata all’origine da una strabiliante sottovalutazione delle spinte che hanno portato
alla crisi e che ieri hanno fatto dire persino al grande ideologo della Jugoslavia di Tito, Milovan Gilas:
«I soldi non sono la soluzione». I popoli hanno tanto pagato e sofferto da essere oggi incapaci di
freddezza e di opportunismo. La Jugoslavia è stata costruita a tavolino, sulla dissoluzione dell’Austria-

Ungheria: 70 anni non hanno risolto nemmeno uno dei problemi derivanti da quell’artifizio. E 50 anni
di comunismo hanno violentato con l’unità del regime un Paese attraversato dal vero confine tra
l’Europa e l’Asia. È troppo facile dare lezioni di diplomazia alla Slovenia e alla Croazia. Forse, dopo
l’Europa degli Imperi, degli Stati, dei Blocchi e delle Patrie, sta apparendo all’orizzonte l’Europa dei
popoli. La più scomoda e insieme la più giusta.
giugno 1991