1991 giugno 30 L’unico coraggio possibile

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 30/06/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: EUROPA, STORIA
Persone:
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Descrizione:
Titolo: L’UNICO CORAGGIO POSSIBILE
di Giorgio Lago
Nulla è statico, mai. Nemmeno gli Stati, perché figli della Storia e la Storia incessantemente si fa, non
si ferma. Di solito, i confini mutano soltanto con la guerra, proprio perché l’elemento costitutivo dello
Stato è il territorio. Senza territorio, non esiste Stato. L’autodeterminazione dei popoli, pur se
rappresenta la via pacifica al cambiamento, non per questo risulta meno lacerante della guerra. Anche
l’autodeterminazione è una bomba contro lo status quo. Nel suo nome, secondo quanto garantirono
nel 1975 a Helsinki 33 Paesi europei più Stati Uniti e Canada, i popoli hanno il diritto di scegliere il
proprio destino politico sia «interno» che «esterno» quando e «come» vogliono. Sola condizione per
legittimamente esercitare l’autodeterminazione non può che essere il rispetto di tutte le procedure della
democrazia, come hanno fatto Slovenia e Croazia attraverso una lunga evoluzione che denuncia, per
egoismo e ottusità, i ritardi della diplomazia occidentale, italiana compresa. Se guardiamo all’oggi,
ragionando sui tempi corti, l’autodeterminazione frantuma dunque destabilizza. Ma se solleviamo lo
sguardo oltre la siepe degli interessi consolidati e tentiamo di favorire un’Europa che – tra la palpabile
realtà della Cee e lo sfuggente mito dell’aggregazione dall’Atlantico agli Urali – organizzi passo dietro
passo un più alto ordine, allora l’autodeterminazione può diventare rivoluzionario strumento per
risolvere i conflitti, non per fomentarli. Pensiamo ad esempio all’Irlanda o ai Paesi Baltici,
all’Armenia o ai Baschi, alla Corsica o all’Alto Adige. Quando in un’Europa dei Popoli ci fosse più
spazio per le sue innumerevoli Regioni, troverebbero probabilmente uno sbocco anche questioni
etniche mai risolte. Non è utopia, anzi. Denotano più realismo la nascita di nuovi Stati, la
trasformazione di Stati in confederazioni, l’integrazione per aree come potrebbe essere il caso di quella
centrodanubiana, oppure il persistere di simulacri di Stati, di unità garantite dai carri armati, di confini
tracciati soltanto dalla violenza? La Storia cammina a dispetto dei nostri piani. Non riusciamo a
dominarla e, spesso, non sappiamo nemmeno intuirla, storici come siamo del fatto compiuto. La Storia
ci consente un solo coraggio: di privilegiare sempre gli uomini, e la loro libertà, sulle mere convenienze
dei regìmi.
giugno 1991