1991 febbraio 16 Tempo scaduto

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 16/02/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: IRAQ
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: TEMPO SCADUTO / L’ultima speranza prima del massacro finale
di Giorgio Lago

È un segno. Quanto valga, resta per ora tutto da decifrare, ma non può essere liquidato come uno dei
tanti bollettini. Mettendo in conto il ritiro dal Kuwait, il Comando Rivoluzionario Iracheno rinuncia
alla sovranità più volte proclamata da Bagdad sulla «provincia» annessa. È la prima volta dal 2 agosto
in poi che l’Iraq torna indietro da una decisione «definitiva». Con una guerra più lunga e più cattiva di
quanto si temesse; alla vigilia del corpo a corpo terrestre; in una fase come questa, anche un segno
prende valore. Qui si ferma per ora la speranza di pace, ancora troppo confusa per rassicurare. Dopo
un mese di guerra, Bagdad tenta in extremis di collegare tutte le questioni aperte in Medio Oriente, ma
è proprio questo legame che l’Onu, Bush, l’Urss, soprattutto Israele e la stessa Siria hanno sempre
rifiutato. Allora favorì la guerra; adesso tiene in ostaggio la pace. È la guerra più strana della storia,
che inverte ruoli e vocazioni. Il dittatore Saddam, presentato come un folle o un Hitler, ha usato
soltanto armi politiche, psicologiche, propagandistiche e diplomatiche; le grandi democrazie
occidentali si affidano esclusivamente ai bombardamenti. Il primo ha conquistato l’emozione delle
masse arabe; le seconde rivendicano un diritto internazionale non ancora abbastanza credibile. Il
risultato che voleva Bush l’ha già ottenuto: ridurre drasticamente il potenziale nucleare, chimico
industriale dell’Iraq; indebolire sensibilmente la sua forza militare. Il ritiro dell’Iraq dal Kuwait
eviterebbe ora agli Usa la ineluttabile perdita di migliaia di marines. Oltre che per Bush, la pace subito
sarebbe un affare anche per l’Iraq. Che sfuggirebbe al mortale tiro a segno dal cielo; che salverebbe
buona parte delle forze armate; che per quanto gravemente indebolito assumerebbe su di sé l’orgoglio e
le frustrazioni di un’area che l’Occidente si ostina a non capire. Nonostante le distruzioni e i peggiori
rischi tutto appare ancora difficile, perché, paradossalmente, nessuno ha vinto o perso. Agli alleati
ripugna di liberare il Kuwait senza la certezza di sbarazzarsi di Saddam; e Saddam non ha mai badato
alle perdite pur di logorare tempi della guerra e, con essi, un’opinione pubblica mondiale sempre più
angosciata dalla morte in mondovisione. Saddam ha sempre saputo che le telecamere valgono più di
tutti i suoi missili Scud. La guerra è vicinissima «al punto di non ritorno», dove o sarà su tutti i fronti

totale o riuscirà di colpo a fermarsi. Se il segno giunto ieri da Bagdad sia una sincera offerta dell’Iraq o
un’estrema astuzia di Saddam, lo sapremo prestissimo: il massacro finale non concede più tempo.

febbraio 1991