1991 dicembre 19 I veri sfascisti

1991 dicembre 19 – I veri sfascisti
I partiti hanno paura. Sentono avvicinarsi le elezioni politiche nel momento peggiore: quando una parte
dell’opinione pubblica non sa più per chi votare e una parte continua a saperlo, ma sfiduciata. Almeno
in ciò, i partiti si dimostrano previdenti. Non sono più né ciechi, né sordi; si stanno rendendo benissimo
conto che la festa è davvero finita. Questo è già un bel progresso, sennonché i partiti commettono un
secondo errore. Dopo aver a lungo sottovalutato il disagio del Paese, sono oggi a caccia dei presunti
colpevoli dello sfascio, dai propositori di referendum, ai picconatori come Cossiga o come il cardinal
Martini, dagli imprenditori insofferenti ai giornalisti scomodi. Pigiati nella loro arca di Noè, i partiti
continuano a scambiare la causa con l’effetto. Padri fondatori della partitocrazia, non muovono ora un
dito per liberarsene pur sapendo che, non la protesta, ma proprio la partitocrazia uccide i partiti.
Pretendono una cambiale perennemente in bianco e, soprattutto, non danno risposta a un quesito molto
semplice: come può un cittadino favorire attraverso i partiti le riforme se gli stessi gestiscono il potere
oggi più conservatore e meno riformista? La protesta non è contro la democrazia o addirittura golpista,
né di destra né di sinistra. Soltanto una forma di legittima difesa, un’arma di pressione per ricuperare il
giusto ruolo dei partiti: organizzatori del consenso e garanti del pluralismo, non aziende di potere
sempre più in mano a professionisti della politica. Altro che sfascio. Qui non c’è più nulla da sfasciare,
nemmeno sul piano economico, dove «abbiamo toccato il fondo» secondo l’analisi fatta l’altro ieri dal
ministro Carli, non da Democrazia Proletaria. Questo è il momento, da ultimo appello, per rimboccarsi
le maniche e rimettere in piedi la Politica. Ma una politica, che sappia guardare con il sorriso sulle
labbra al cambiamento. Gli europessimisti, i veri sfascisti, i corvi di casa nostra, hanno in fondo una
grande nostalgia del passato. Quando si sapeva chi comandava a Mosca o a Belgrado; quando i popoli
erano tenuti in riga nel nome della stabilità; quando in Italia una democrazia bloccata dal «fattore
comunismo» non permetteva di scegliere tra schieramenti, coalizioni, alternative, come accade in tutto
l’Occidente. La frammentazione è figlia di un momento alto di libertà e di crescita dei diritti; una
grande occasione anche per i partiti italiani, non una via crucis. Proposte mirate, riforme attuabili, facce
presentabili o nuove: a questo punta la protesta. A questo saranno chiamati prima del voto i partiti.
19 dicembre 1991