1988 settembre 28 Ben Johnson positivo

1988 settembre 28 – La più riuscita cavia del successo
A me questo Johnson fa un po’ pena. Perché non è mai stato all’altezza del suo mito, né sull’ altare né
nella polvere.
L’uomo più veloce del mondo non assomiglia a una statua greca dipinta di nero. Il suo fisico è troppo,
troppi muscoli, gambe smisuratamente gonfiate. E quel grugno perseguitato dall’ossessione di vincere
sembrava fatto apposta per rivoltarglisi un giorno o l’altro contro. Nello sport, si usa l’artificio atletico
per tante ragioni; persino per la gloria dello Stato socialista o anche per il gusto di vedere fino a che
punto i laboratori della farmacologia applicata riescono a spingere i loro olimpici Frankenstein. Ma a
Ben Johnson è toccato un altro destino: di essere la cavia più riuscita della società competitiva, il
campione più coerente della corsa al successo. Per 9 secondi e 79 centesimi di secondo è stato il record
dell’uomo sapiens sul pianeta, figlio della mondovisione, eroe del primato, icona del replay, macchina
da contratti, più verde di dollari che nero di pelle. Con l’esemplarità che soltanto lo sport di massa
possiede, ha fatto da monumento a un modello che istiga in noi tutti, giorno per giorno, il piccolo Ben
Johnson che ci portiamo dentro. La gara dei 100 metri come la gara del vivere, dove conta sempre più
vincere e sempre meno partecipare; dove quindi un po’ di muscolo provocato innaturalmente è un gesto
di autodifesa più che un patto scellerato con il proprio corpo, Johnson non è più il figlio del vento, ma è
più del tempo. Pur di farcela, non ha saputo rinunciare al nulla perché ha sempre sentito dire che conta
soltanto arrivare primi, sollevare il proprio dito sopra gli altri. In fondo, guardandosi in giro, deve aver
visto che spesso non andar troppo per il sottile rappresenta il miglior investimento e ha accarezzato il
suo muscolo, mezzo genuino e mezzo chimico, come si coccola l’unico tesoro su cui puntare. Ben
Johnson non è più nessuno: per i canadesi è tornato ad essere giamaicano, per i giamaicani non può che
restare canadese a vita. Forse l’unico a non capire sarà soltanto lui: pensava che quel suo segreto
privato fosse quasi un dovere sociale.
settembre 1988