1988 febbraio 17 Da Laroni al fronte dei no

1988 febbraio 17 – Da Laroni al «Fronte dei no» …

Dopo cinque mesi di crisi, la gente ne aveva piene le scatole, e per una ragione molto nobile,
esattamente il contrario del qualunquismo e dello sfascio. La Città riteneva che fosse troppo comodo
scaricare sulle elezioni anticipate le scorribande dei clan.
Un Sindaco per bene e una Giunta con ampio margine sono ora una soluzione. Ma ci sono alcuni
aspetti che vanno messi in chiaro.
Per una crisi lunghissima, la conclusione è parsa frettolosa. Prima la situazione era fin troppo
sfilacciata; di colpo si è rassodata, con una disinvoltura che lascia per strada qualche sospetto. Dal
quadripartito al pentapartito, da Visentini alla giunta di sinistra, alcuni alti finali hanno visto balenare
all’orizzonte una nuova razza di canguri.
I socialisti ci stanno sempre; a Venezia interpretano la «centralità» a tempo pieno, con gli stessi uomini
in governi opposti e per programmi dissimili. Erano divisi e inaffidabili fino a ieri; non è semplice
immaginare come saranno domani: a meno che non sia proprio la formula di sinistra a metterli tutti
d’accordo; nel qual caso il gioco dei loro franchi tiratori risulterebbe finalmente palese, cioè politico in
senso stretto. Il che non renderebbe più dignitosa la cosa, ma almeno la spiegherebbe.
La questione socialista non è di poco conto, a meno che non si finga di credere che nel Psi veneziano
De Michelis non sia mai esistito e che il suo teorema sul cosiddetto «fronte dei no» fosse soltanto una
brillante ma intellettualistica invenzione. Il dubbio pare legittimo perché con Laroni sindaco-manager il
«fronte dei no», cioè il presunto partito del «non fare», era rappresentato dai repubblicani, da Rigo, dai
verdi, dai comunisti, esattamente gli stessi con i quali Laroni governa oggi da assessore.
Non interessa il caso personale; conta piuttosto una contraddizione di fondo che la nuova Giunta dovrà
chiarire, sia che la si carichi – come fa Pellicani – di significato «politico», sia cha la delimiti – come
preferisce Visentini – al «carattere amministrativo». Nemmeno per una legislatura di due anni, ci si
potrà permettere il lusso dell’ambiguità del programma.
Mai come oggi, nel momento di massima elasticità negli schieramenti, vale il criterio delle cose da
fare. Poche ma buone, secondo l’aurea regola di chi è consapevole che la crisi di Venezia resta più che
mai aperta perché troppi problemi vi stagnano da troppo tempo.
Non siamo d’accordo con il neo-sindaco che l’ultima notte della crisi abbia portato il dibattito a un
livello alto. Anzi, il prevalere del dispetto sulla politica ha degradato il tono, fino a far perdere a
qualcuno la testa in insulti personali che non promettono nulla di buono.
Di alto, altissimo livello sono soltanto i problemi della Laguna, di Mestre, di Venezia; e questi
richiedono non solo una Giunta credibile, ma un grande sforzo di mobilitazione dell’intero Consiglio
comunale. Questa non è più Città da piccolo cabotaggio, il dramma sta tutto qui.

febbraio 1988