1988 dicembre 3 Roma sempre più lontana

1988 dicembre 03 – Roma sempre più lontana

Anche se Prezzolini la chiamava «anarchica» e De Rita la definisce «locale», tanto lo scrittore quanto il
sociologo intendono la stessa cosa: l’Italia è un Paese che, pur cambiando tutto attorno a noi e con noi,
non riesce ancora a porsi da un punto di vista veramente «nazionale». Attraverso un processo inverso
all’unità, la gente «sente Roma sempre più lontana»: persino l’argomento della spesa pubblica appare
«in fondo troppo romano per interessare». Tutto ciò non è una novità, ma il Rapporto sociale sull’Italia
’88 lo ribadisce.
È verissimo, sembriamo vivere in una forbice. Da un lato i problemi locali per i quali – da Venezia a
Palermo – esistono oggi più attenzioni, soldi e poteri; dall’altro un quasi maniacale riferimento al
globale del 1993 europeo, all’internazionalizzazione e al villaggio totale, come rovesciando il vecchio
motto: non più tutto il mondo è paese, bensì ogni paese è il mondo.
Lo «spaesamento da sviluppo» scatena il bisogno di identità locale; la «cultura del vincitore» legata al
successo economico rimette forse in discussione il «piccolo è bello», così tipico ad esempio del Veneto
e del Friuli. Che cosa latita in mezzo alla forbice? Qui noi crediamo debba alloggiare più che mai la
politica come organizzazione dei problemi e loro sintesi.
Più si frammenta e si complica, più un Paese necessita di punti di raccordo: anziché mortificarsi, oggi
la politica potrebbe esercitarsi ad un livello mai così alto, tra innovazione e conservazione. Il che non
accade o capita troppo di rado (sì al voto palese, no alla libertà di droga…), finendo con il favorire
l’esproprio delle responsabilità (vedi pressione di lobbies e cobas). Non solo: i cronici ritardi della
politica nei confronti della società, dai sevizi alla scuola, dalla sanità alla giustizia, dall’equità fiscale
all’ambiente, alimentano quella che il Censis chiama «area di rancore» ma che altro non è se non
l’aggiornamento del disagio civile che ristagna nonostante il prodigioso sviluppo degli ultimi 40 anni.
Da Napoli a Padova, senza significative variazioni, il Paese reale come l’economia reale denunciano un
potere troppe volte inerziale, avaro di guida e di mediazione. È intanto forte tale domanda di governo
da farci temere che stia oramai per prevalere nella società e nei partiti il fronte di chi, in nome
dell’efficienza, sarebbe anche pronto a chiudere entrambi gli occhi sugli scandali.

dicembre 1988