1987 maggio 28 La scuola prima di tutto

1987 maggio 28 – La scuola prima di tutto

Una approfondita indagine svolta l’anno scorso dalla Uil su un campione di 1118 insegnanti, 982
studenti e 910 famiglie, dimostrava che – dopo lo sfascio totale degli anni ’70 – la scuola aveva
ricuperato la sua identità. Le conclusioni dicevano infatti che:

− oltre il 63% dei docenti riteneva socialmente molto importante il proprio lavoro,


il 77% d’essi si considerava abbastanza o molto soddisfatto del proprio lavoro,
il 90% degli studenti giudicava buoni o soddisfacenti i propri insegnanti,
il 74% delle famiglie riteneva buona o soddisfacente la preparazione degli insegnanti.

Uno spaccato confortante nel momento in cui, come ricordava il Rapporto Censis sull’Italia, i «sentieri»
della formazione dei giovani non potevano che condurre al mercato del lavoro attraverso quattro parole
d’ordine: «eccellenza, qualità, merito, selezione». Le stesse in voga in tutto il mondo industrializzato
tant’è vero che nel Texas gli insegnanti sono stati sottoposti a un aggiornatissimo test di competenza
professionale mentre in Inghilterra la stessa certificazione di docenti va verso una radicale revisione.

Reaganismo o no, lo sviluppo tecnologico e la competizione internazionale mettono sempre più alla
frusta i giovani, quindi la scuola che sulla società li dovrebbe modellare. E qui e non tenere il passo è il
Sistema, pachidermico e burocratizzato nel rispondere al dinamismo di un mondo nevralgico come
quello della scuola.

Da mesi e mesi incalza la protesta degli insegnanti, ma chi ha mai avuto il tempo di dar loro seriamente
retta mentre il Paese era paralizzato dalla crisi più becera del dopoguerra? Persino un contratto
economico già in funzione è rimasto lettera morta per mesi e soltanto l’altra sera, sotto la spinta di 50
mila docenti in piazza, ha ottenuto la registrazione da parte della Corte dei Conti, con il via ad
aggiornare in fretta e furia gli stipendi.

Ha poco senso scandalizzarsi perché gli insegnanti usano gli scrutini come arma di pressione che
rimbalza su milioni di giovani e su milioni di famiglie. Ha pochissimo senso brutalizzare un’operazione
così delicata come gli scrutini affidandoli con una circolare a un preside o a un professore d’emergenza
promossi commissari. Ha molto più senso domandarci perché, in un momento in cui tutti noi
pretendiamo sempre maggiore professionalità, vadano in crisi i concetti di rappresentanza sindacale, di
servizio pubblico, di autoregolamentazione, di mediazione tra interessi di categoria e attese dei
cittadini.

C’è il malessere diffuso dei docenti, quello dei magistrati, dei militari, dei ferrovieri, dei piloti, dei
medici, degli agenti di custodia, di tutta una serie di categorie che formano il sistema nervoso della
società e dietro le quali spesso si nascondono riforme dimenticate. Basti pensare al cronico problema
degli insegnanti precari in un Paese che, per effetto della crescita zero, nel giro di dieci anni perderà
circa due milioni di studenti.

La vera «dignità della politica» sta qui, nel prevenire la frantumazione del corpo sociale. E nulla è più
«decisivo» della scuola nemmeno il 14 giugno.

maggio 1987