1987 luglio 26 Il pronto soccorso

1987 luglio 26 – Il pronto soccorso
Per il suo governo, Goria ha trovato un solo aggettivo: «serio». Serio perché prende realisticamente
atto che, non esistendo la tradizionale «maggioranza politica», l’unica cosa da fare è di «ricominciare a
lavorare assieme».
È un governo singolare. Sono i soliti cinque, ma guai a chiamarlo pentapartito, non ne vuole più sapere
nessuno. È un complesso di forze ma, Craxi precisa, «diverse» non «omogenee». Da un pezzo i
comunisti propongono un «governo di programma», ma la formula è stata loro scippata da Goria: il
vero governo di programma è il suo.
Mesi di incomunicabilità e il 14 giugno hanno fatto strame dell’alleanza strategica, secondo la filosofia
di De Mita. Questo è il trionfo del pragmatismo, sia pure gestito dal demitiano Goria.
Del resto non poteva accadere altrimenti. Il risultato del voto ha accresciuto la rendita di posizione dei
socialisti, tanto che oggi sta maturando senza clamore ma con forza una «questione democristiana». Il
presidente dei deputati dc Martinazzoli invita il partito a liberarsi dalla rigidità degli schieramenti; il
gesuita Sorge, in un’intervista al nostro giornale, afferma che è giunto il momento per la Dc di decidere
se sia un partito laico di ispirazione cristiana o un partito cattolico.
Sono segnali di movimento. E il movimento non risparmia nessuno, né i partiti di massa né quelli di
opinione. Lo stesso governo è figlio del movimento o, meglio, ne è la bàila. Nel senso che, tentando di
«ricostruire le ragioni di una alleanza», dovrà considerare l’instabilità la norma non l’eccezione.
Piaccia o no, sta probabilmente per nascere un nuovo modo di governare. Che punta sul breve e sul
medio, più che sul lungo termine; che affronta una dietro l’altra le urgenze più che immaginare le
grandi trasformazioni. È un governo di pronto soccorso, con precedenza all’economia.
Che Goria sia giovane non dispiace; che sia una faccia nuova nemmeno: una democrazia che non
rinnova la classe dirigente rischia la muffa. Che Goria abbia governato per anni l’economia da ministro
del Tesoro è una buona carta di credito: mai come in questo momento, la politica appare una
sovrastruttura dell’economia. Non che ciò sia sempre confortante, ma è così, e non si può pensare di
organizzare equamente una società avanzata come la nostra senza dominare prima di tutto i conti dello
Stato e dello sviluppo. Una particolare sensibilità nel settore Goria ce l’ha.
Anche se De Mita dice «tutto bene» e Craxi condanna le «soluzioni transitorie e allo sbando», nessuno
è in grado di sapere quanto durerà Goria. Se il programma ridarà via via corpo a un nuovo patto; se il
movimento provocherà alla lunga le vertigini; se fra un paio d’anni si tornerà a votare. Se insomma
nasce un governo per asfaltare o un governo che, mentre asfalta, crea le premesse di un equilibrio tra
partiti meno friabile e centrifugo dell’attuale.
Di sicuro bisogna buttar via il vocabolario in voga fino a pochi mesi fa, basti pensare al «polo laico»
diventato pressoché facoltativo. Dal Pci alla Dc, dall’aerea socialista al mondo cattolico, nulla è più
uguale a prima mentre tutti i settori vitali del Paese chiedono riforme.
Il 30 luglio Goria compirà 44 anni. Ma rischia d’invecchiare presto.

luglio 1987