1987 dicembre 31 Basta! A ciascuno il suo boss

1987 dicembre 31 – Basta! A ciascuno il suo boss

C’è un domicilio coatto disposto dal giudice per cautela, e si basa sul codice: in tal caso i mafiosi, in
libertà provvisoria o scarcerati per decorrenza dei termini, sono dichiarati «pericolosi».
C’è un soggiorno obbligato come misura preventiva, e deriva dalla legge anti-mafia: in questo caso non
si richiede né un procedimento né una sentenza, basta il sospetto che si tratti di mafioso. Tant’è vero
che la sua costituzionalità appare appesa a un filo.
Nell’uno come nell’altro caso, la sostanza non muta di una virgola: sempre di confino si tratta, sempre
di gente da tenere alla larga, sempre di una violenza della legge nei confronti della comunità. Una legge
che risale al 1865 e che non serve a nulla perché la strepitosa evoluzione dei mezzi di comunicazione
impedisce di fatto l’isolamento dei mafiosi anche se spediti in Comuni lontani dal luogo di residenza.
Non solo. Nessuna comunità può e/o vuole integrare soggetti della peggior specie, boss trafficanti di
droga, sequestratori, killer di professione, mamma-santissima della nuova criminalità. Sicché il
confinato, se putacaso venisse colto da improvvisa folgorazione di cambiar vita, non ce la farebbe a
trovare lavoro. Più che mai si condanna il mafioso a restar tale e a continuare a lucrare su professioni di
mafia.
Sprovvisto di efficacia repressiva quanto di ricupero, il confino non fa che estendere la tela di ragno del
crimine, inserendo elementi di grave tensione nei luoghi di destinazione. Lo ha dimostrato nei giorni
scorsi la protesta istituzionale (il sindaco) e popolare di Sanguinetto, paese della Bassa veronese. Lo
confermerà nei prossimi il rifiuto di tutta una serie di Comuni delle province di Verona, Udine,
Pordenone, Padova, Vicenza e Rovigo scelti dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria per
sloggiare in periferia una sequela di ergastolani o giù di lì.
È impensabile che la gente continui a subire questa arcaica angheria, quando risulta oramai chiaro a
tutti che il mafioso deve semmai soggiornare nel proprio comune o provincia o regione e a casa propria
subire, nell’era dell’«immagine», la quotidiana umiliazione del controllo di polizia. Bernini lo spieghi a
Fanfani!
Sia ben chiaro, qui il razzismo non c’entra. Il Triveneto non chiede che i mafiosi vengano destinati
altrove, in Piemonte o in Sardegna, a Roma o in Puglia. No: va abolito quel tipo di confino e ognuno si
tenga i suoi boss, evitando almeno l’esportazione delle cosche.
Renato Guttuso ebbe tutta la nostra solidarietà quando definì la scritta «Forza Etna», apparsa sulle
autostrade del Veneto, indegna di una Regione che – aggiungiamo noi – ha come capitale Venezia, per
antonomasia Città del mondo. Il Nord-Est, da Trento a Trieste, da Verona a Udine, propone il meglio di
sé nello scambio, nell’integrazione, nell’ospitalità, ma il confino serve ad alimentare proprio le sue
peggiori tentazioni.
Bisogna buttar via questo istituto, in fretta.

dicembre 1987