1987 dicembre 29 La religione secondo Tv

1987 dicembre 29 – La religione secondo Tv
A me Dario Fo, quella sera, è piaciuto.
Un grande attore ha fatto teatro, utilizzando un testo popolare considerato autentico fino all’XI secolo.
Non andava preso alla lettera, soprattutto quando usava parole che lui stesso – in una conversazione
con Gaspare Barbiellini Amidei – ha ammesso «non rientrare nella prassi delle buone maniere».
Ha ragione Fo quando sostiene che si può essere atei e insieme “religiosi”. La mancanza di fede non
cancella la ricerca del senso, un destino di dubbio, lo smarrimento del vivere, il guardare nel fondo del
cielo.
Nel suo monologo ho colto la religione di una preghiera profana. Non scandalo, semmai eresia. Ma
l’eresia trasgredisce proprio perché si riferisce alla dottrina, non ne può prescindere, risulta sempre un
modo di “non potersi non dire cristiano”. Come per Pier Paolo Pasolini al quale, non a caso, Fo
attribuisce “la più bella storia di Cristo che si è mai vista al cinema”.
I Vescovi hanno avuto due ragioni e un torto.
Ragione d’intervenire. Debbono farlo, sempre, ogni volta che la fede o la coscienza o l’etica li
interroga. Se non lo facessero, il loro sarebbe peccato d’indifferenza, che nemmeno i veri laici
perdonerebbero. La fede del laico è il turbamento, mai il silenzio, tantomeno imposto a chi laico non è.
La libertà è insieme dono di Dio e della democrazia.
I Vescovi erano nel sacrosanto e giusto anche quando difendevano il “sentimento” del Natale ma, forse,
con Fo hanno sbagliato bersaglio. La sua cascata di parole precipitava pur sempre dalla cultura
cristiana. Non era blasfema nella polpa, semmai nel rito. Celebrava un Natale senza paramenti, non
senza Dio; aveva la colpa di essere secolare, non cinica.
Il Natale irriverente, post-cristiano, “lesivo del sentimento religioso” come lamentano i Vescovi, sta
altrove. Apparentemente rispettoso, levigato, carico di buone maniere, timorato di Dio e degli uomini,
in ordine con la sintassi e il codice canonico, ma divulgatore di una fede inghiottita dal Banale.
Il Natale degli intrattenitori, dei comici, degli spots, delle gags e dei Rocco Tarocco. Non l’onesta
violenza di un Fo, mito se non alla verità. No, non questo, e invece il Natale per ridere o per indice di
ascolto, offensivo proprio perché inoffensivo, bestemmiato proprio perché rispettoso nel rito non nel
cuore. In prodotto in carta stagnola, Gesù come il panettone.
Fo ha il senso del sacro anche quando lo apostrofa; l’intrattenimento di massa no, confonde la Parisi
con l’alleluja, affabulazione, del dire per pensare, del pensare per non approfondire, l’usa e getta della
“scatola magica” della Tv, sul punto di diventare in Italia – come ha scritto Galli della Loggia – “il
referente primo, dominante e quasi unico dell’intera esistenza sociale”.
Se tutto sta diventando apocrifo, in un Medio Evo prossimo venturo finiremo con il trovare autentico
persino l’irrituale vangelo di Dario Fo.

dicembre 1987