1986 luglio 13 E la chiamano stabilità

1986 luglio 13 – E la chiamano stabilità

La “verifica” ricordò certe pagine dell’Ulisse di Joyce, senza frase, senza punteggiatura, senza inizio
né fine. Si verificò per chiarire; quando fu conclusa, dai cinque risultarono tre correnti di pensiero:
l’alternanza a capo del governo era stata precisata da cima a fondo; le cose erano rimaste in
sospensione; non se ne era addirittura parlato.
L’opinione pubblica reagì con l’indifferenza, anzi non reagì affatto. In fondo, sentiva ripetere come
una giaculatoria che all’Italia serviva soltanto la “stabilità” e che per essa avrebbero tutti lavorato, in
modo da sfruttare al 100% dollaro e petrolio.
Ora è stata informata che Craxi ritiene stabile soltanto un governo da lui presieduto. Che De Mita può
accettare il dogma socialista a patto soltanto di vedersi poi garantiti cinque anni di presidenza dc. Che
infine i partiti laici c’entrano come il due di coppe: sono a metà strada fra la ruota di scorta e il
bagaglio a mano.
Poiché sulla formula del pentapartito si dicono d’accordo, come pure sul programma, se ne deduce
che è in atto un bradisismo di solo potere e che nessuno ha il coraggio di dire con chiarezza che in
gioco è ormai la pole position elettorale. Partire davanti può valere quell’uno per cento in più che, nel
nostro sistema super proporzionale, significa un trionfo.
Il Capo dello Stato si rivolse alla “gente comune”; giusto ieri ad Abano De Mita ha richiamato i
“problemi della gente”. Nella rifondazione o nel rinnovamento, non esiste partito che non faccia
richiamo a una più profonda immersione nella società. Tutte bellissime intenzioni non fosse che,
difronte ai labirinti della crisi, a smarrirsi é proprio il comune senso della politica.
Nessuno stupisca allora se la politica occupa lo spazio zero del tempo libero dei giovani. Nessuno
faccia la predica sul presunto qualunquismo, quale sentimento reazionario, di destra. Nessuno si illuda
di campare sull’”effetto” d’immagine.
Altro che stabilità. Tutto rischia di diventare centrifugo rispetto ad essa e non è certamente questa la
deregulation che il mondo del lavoro e della produzione chiede per resistere alla burocrazia pre-
tecnologica e per incalzare il Pci nello strappo dello zoccolo classista e neutralista.
Se governare non è asfaltare, guidare il governo non è occuparlo.