1985 ottobre 30 Sospetto come ricatto

1985 ottobre 30 – Sospetto come ricatto

Cinquemila imprenditori a Rimini per le assise generali di Confindustria, oltre seimila Comuni
rappresentati dall’Anci all’assemblea di Sorrento. La produzione e l’amministrazione.

I due inviati del nostro giornale, Comini e Veronese, hanno raccontato il ruolo di punta degli esponenti
del Nordest. Ma, anche, l’incomprensione, a volte la diffidenza se non proprio il fastidio, che li
circonda.

Non avrebbe senso né fare spallucce né prendersela. Assai più utile è tentare di capire perché il
messaggio fa fatica ad accreditarsi per quello che è.

Il Nordest esprime in questa fase una protesta e una richiesta. La protesta contro la burocrazia; la
richiesta di servizi.

Su questo piano, i documenti dei sindaci sembrano gli stessi degli imprenditori medio piccoli, e
viceversa. Non perché sia stato firmato un patto, ma perché la realtà dell’economia e
dell’amministrazione pagano a caro prezzo la doppia velocità del sistema: a 100 all’ora le imprese, a
10 lo Stato.

I conti li avevano già fatti per il loro settore gli artigiani, misurando in decine di migliaia di miliardi
lo sperpero pagato alla burocrazia. Sabato lo hanno fatto anche gli imprenditori: 27 mila i miliardi
del prodotto nazionale buttati ogni anno alle ortiche, 90 milioni le giornate gettate via per la sclerosi
amministrativa.

Il Nordest rifiuta a muso duro l’andazzo. La sua particolare reattività non dipende da un oscuro istinto
di fuga, ma dalla sua natura territoriale (policentrismo), economica (capitalismo diffuso) e
amministrativa (cultura autonomistica). L’insieme dei
tre elementi rende assolutamente
indispensabile un
territorio ben collegato, un’economia ben servita, un’amministrazione
responsabilizzata: a Nordest più che altrove i servizi sono tutto. Anzi è proprio un tessuto di tipo
radicalmente privato che sente il doppio la necessità di una presenza pubblica efficiente. Senza, non
si regge a lungo.

Già indicato come “modello” da studiosi giapponesi, sabato a Rimini il Nordest ha ricevuto l’ultima,
entusiastica sottolineatura da Cesare Romiti, al di sopra di ogni sospetto perché voce dell’altro
capitalismo, nemmeno parente di quello polverizzato in centinaia di migliaia di aziende d’ogni genere
e dimensione. I riconoscimenti alle imprese tendono tuttavia a esaurirsi nel dato economico.

Come dire: siete bravi ma dovete stare al vostro posto. Oppure: ci siamo già noi, Confindustria e
Anci, per fare sintesi della base, imprenditori o sindaci non fa differenza.

Sanno benissimo che il Nordest non è separatista, ma conviene lasciarlo credere a dispetto di una
verità che sta sotto gli occhi di tutti: i sindaci si sono stancati di farsi arruolare secondo logica di
partito; gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, gli agricoltori hanno capito che prostituirsi alle
segreterie o alle correnti ha condotto a Tangentopoli, alla morte della libera concorrenza e al voto di
scambio.

Il sospetto verso il Nordest segnala un ricatto politico. Gli apparati detestano l’idea che quest’area
europea non sia più disposta a considerare il centralismo un male necessario. Cambiare lo Stato oggi
è un dovere oltre che un diritto.