1985 ottobre 17 Il Pri esce dal governo. Oggi Craxi si dimette

1985 ottobre 17 – Il Pri esce dal governo Oggi Craxi si dimette

Il pentapartito aveva dato più volte segni di nervosismo e di disagio; non ha retto allo stress di
Sigonella. Da quando gli americani ci hanno consegnato il più scomodo carico aereo del dopoguerra,
la coalizione ha dimostrato di non essere abbastanza compatta per sostenere tutte le implicazioni,
internazionali e interne, del caso.
Oltre che temperamentale e personale, lo scontro fra Craxi e Spadolini ratifica il dissenso tra socialisti
e repubblicani, separa nel tono e nella sostanza i protagonisti dei primi governi laici della Repubblica.
Anche per questo è esposto a inediti rischi di lacerazione, come se fosse di colpo finita la stagione
delle cicale e delle mediazioni.
In un paese che vanta il record mondiale di brevità nella durata dei governi, la crisi di una
affollatissima maggioranza a cinque fa parte della cronaca non della storia e i 26 mesi di vita del
governo Craxi risultano negli annali quasi un’eternità. Ma questa crisi è sbagliata perché mette a
repentaglio no tanto un leader quanto una formula, non la soluzione di un caso bensì la stessa
governabilità. E Dio solo sa quanta fatica sia costato raggiungerla e a quali equilibrismi rimanga
esposta tra un’elezione e l’altra.
Craxi ha parlato di “enormità”, Forlani l’ha definita “il più grave degli errori”.
Il governo si è mosso bene quando, per salvare la nave, ha usato l‘Olp. Quando, nel gestire un
intercettamento non richiesto, ha detto sì alla consegna da parte americana dei quattro assassini.
Quando, per esercitare la propria sovranità, ha rifiutato di darli agli Usa. Quando ha preso la più
scabrosa, ma anche la più opportunistica e opportuna delle decisioni: liberare Abbas, preso al volo
con passaporto diplomatico su un aereo egiziano.
Nella sostanza c’è poco da obbiettare anche perché, di fronte a scelte tanto ultimative, le decisioni
appaiono semplici soltanto ai superficiali o agli incoscienti. Ciò non toglie che scelte giuste siano
state accompagnate da gesti incauti, al limite della provocazione. Come gli sperticati ringraziamenti
ad Arafat pochi giorni dopo la condanna senza attenuanti di Israele; come il goffo machiavello
escogitato per rilasciare Abbas; come la mancata consultazione del ministro della Difesa che l’aveva
richiesta; come la battuta riservata da Craxi ai repubblicani (“il numero legale c’è..”) assenti per
protesta dal successivo consiglio di gabinetto.
Se l’Achille Lauro ha salvato i passeggeri e affondato il governo significa che la coalizione non era
abbastanza forte. Drammatizzando questo dato, la crisi alimenta una sola speranza: che alla lunga
serva a esorcizzare le ambiguità.