1985 agosto 25 – Non è mai cambiato nulla

1985 agosto 25 – Non è mai cambiato nulla

Quando gioca la Nazionale se la guardano 37 milioni d’italiani, sicché non val proprio la pena di
sostenere che il calcio sia fenomeno estraneo alla società. Nel tentativo di interpretare i
comportamenti degli italiani, certi indizi offerti dallo sport più popolare valgono ameno quanto un
sondaggio di opinione.
Prendiamone uno.
Paulo Roberto Falcao è un asso brasiliano che organizza gioco come avesse un videoterminale al
piede. Nulla da eccepire, tecnicamente bravissimo. Ma una vertenza economica con la sua squadra
mette a nudo lo sproposito dei compensi pattuiti per un solo campionato in Italia: 400 mila dollari
ufficialmente, in realtà un impegno sottobanco pari a 3200 milioni, “migliaia di milioni” come
afferma la sentenza della Federazione alla fine di una controversia greve, mercenaria, degna della
peggior letteratura sui ceti rampanti.
Con queste premesse, Falcao vola da San Paolo a Roma per un viaggio d’affari e chi trova ad
attenderlo all’aeroporto? La folla. Raccontano le cronache: ”Chi lo bacia, chi lo abbraccia, chi gli
mette una sciarpa, chi singhiozza. Gli agenti vengono travolti e un capitano è costretto a chiamare
rinforzi. Roma ti ama! urlano centinaia di persone a Falcao”.
“La nostra Patria è vile” tuonava Carducci e già cinque secoli fa Macchiavelli si chiedeva perché mai
la vita nazionale fosse così strana e contraddittoria. L‘enigma italiano sta più che mai sotto i nostri e
altrui occhi perché, se da un lato singhiozziamo senza badare a spese sui riccioli di Falcao, dall’altro
vantiamo uno di più sostanziosi record dell’economia mondiale: il risparmio, nella misura di ben 35
milioni a famiglia, come riesce soltanto ai giapponesi con i loro mitici senso di disciplina, spirito
collettivo, ordine nei valori.
Chi risparmia dimostra previdenza, organizzazione del bilancio personale, anche una giusta cautela
nei confronti dell’avvenire. Tutte virtù che trovano conforto negli ultimi rilevamenti e che
contribuiscono a fare dell’Italia il puzzle preferito dagli osservatori stranieri, com’è accaduto la scorsa
settimana con le 16 pagine e gli 8 inviati dedicati dal francese “L’Express” al nostro Paese.
Gli italiani protestano, ma si danno da fare. Gli italiani non battono ciglio su “migliaia di milioni” a
un calciatore, ma risparmiano fino a contrastare uno Stato sbrindellato nella spesa pubblica. L’Italia
ha nell’industria i suoi piccoli e grandi Condottieri, ma flirta con la bancarotta. Gli italiani hanno
fantasia, ma la usano per difendersi in privato dalla stessa società.
L’enigma sul chi veramente siamo persiste anche perché, nel momento in cui ci sembra di poter
puntare con chiarezza sul pessimismo, sono proprio i nostri partners meglio attrezzati a scommettere
su di noi esattamente il contrario. Da Macchiavelli ad oggi è rimasto tutto uguale, tranne l’inflazione.