1984 Gennaio 19 Il Padova ora è sesto

1984 Gennaio 19 – Incredibile. Il Padova ora è sesto !

Svolta nel campionato di serie B; sia pure in affollato condominio, il Padova è da ieri al sesto posto in
classifica! La cosa ha dell’incredibile se solo si pensa che due mesi fa c’era chi scommetteva sulla
retrocessione ormai scontata. Il 3-0 sul Varese cancella la famigerata fase 1; da oggi in poi, con maggior
serenità, scatta la fase 2.
Dove vuole arrivare questo Padova ? La domanda è più che legittima dal momento che, da quando lo allena
Aldo Agroppi , ha fatto dieci punti in sei partite. I confronti sono sempre crudeli e spesso arbitrari ma
inevitabili: nelle precedenti dodici partite, Giorgio Sereni ne aveva fatti soltanto otto. Una differenza che
parla da sola.
Per capirla, bisogna sbarazzarsi subito da un equivoco: era più “incredibile” il Padova di Sereni che questo di
Agroppi. Nel senso che noi eravamo “sconcentrati” dal sotto-rendimento di allora più che dal rilancio di
oggi. Anche nei momenti più bui della classifica, c’eravamo sempre rifiutati di credere che questo parco-
giocatori fosse predestinato alla serie C; ecco, l’eccezionale lavoro di Agroppi ha reso giustizia anche alla
reputazione dei giocatori. Non erano dei brocchi; in serie B possono starci e con piena dignità.
L’ultima volta avevo visto il Padova contro il Palermo. Era stato un buon 0-0, ma mi aveva impressionato lo
stato d’animo di Sereni. Ancora prima della partita, con tono sincero e signorile, l’ex tecnico mi aveva
confidato : “ Tra me e Pilotto non c’è mai stato rapporto, perché non fu lui a volermi. Mi aveva subito”. A
volerlo non era stato infatti il presidente, ma il suo braccio destro, Dino Zarpellon. Una situazione equivoca,
trascinata equivocamente, con lo stesso Pilotto ad alimentare il dissenso interno.
Come è cambiata l’aria con Agroppi! La prima cosa che il tecnico fece, fu di far sloggiare il passionario
presidente dalla panchina, così rimettendo un po’ d’ordine anche sul piano non trascurabile dell’immagine.
L’ho rivisto ieri Agroppi, dai tempi in cui giocava nel Torino e dava alla sua corsa tremendista impeti toscani
che rivedo in Tardelli. Ha messo capelli grigi e solchi, l’espressione di chi si rode dentro le cose, con uno
sguardo che lo fa assomigliare molto a Corrado Pani, quello luciferino dei Fratelli Karamazov.
“Ho paura, questa partita non mi piace” rimuginava prima di incontrare il Varese, senza gli infortunati Fellet
e Boito, due giocatori che lui stima molto. L’inquietudine gli è passata, soltanto dopo 42 minuti, quando
Franco Cerilli ha avuto il naso di andarsi a smarcare su un pallone che Alberto Da Croce aveva letteralmente
confuso tra le mani ballerine dei portieri in uscita.
In quel preciso istante, dentro un caldo piumone, Agroppi deve essersi sentito molto soddisfatto: in serie B
dieci punti in sei partite sono un’enormità. A goderne c’erano di mercoledì qualcosa come 15 mila
spettatori paganti per 115 milioni di incasso; c’erano un sacco di personaggi del calcio feriale; c’era la curva
nord che gli scandiva coretti di gratitudine. In quel momento ho anche pensato a quanto, nei giorno
precedenti l’assunzione a Padova, mi aveva detto al telefono da Firenze Raffaello Paloscia, responsabile
dello sport del quotidiano La Nazione :” Se Agroppi accetta,il Padova ha fatto un affare. E’ bravo, serio,ha
un gran temperamento”.
Contro il Varese, in un pomeriggio psicologicamente difficile, ho visto il Padova con le unghie. Non che,
soprattutto nella prima mezzora non abbia rischiato molto (tre palle-gol del Varese) e sofferto qualche
disorientamento, ma la squadra non ha mai smesso un solo attimo di ricucire, di pensare di reagire. In una
partita che poteva anche farsi tempestosa, s’è visto un Padova molto disciplinato, che quasi mai protesta;
capace di crescere alla distanza e che ha chiuso le operazioni in una ventina di minuti centrali, dal 42’ al 63’,
cioè dal primo al terzo gol.
Ho anche visto un Padova che sente la “presenza” del tecnico in panchina, il che ha sempre il suo peso
specifico. Ricordo un episodio per tutti (al 34’). Mentre Cerilli stava aggiustandosi per una punizione,
Agropppi ha imposto a Da Re di mollare la propria area per tentare la conclusione di testa: Da Re ha
obbedito con prontezza e ne è uscita una pericolosissima palla-gol.
Se la piuma Coppola stesse un po’ più in piedi, Da Croce risulterebbe ancora più pericoloso, perché il
ventunenne trentino è oramai una realtà, è rapinoso e ha piede. La sua cavalcata del 3-0, con finta sul

portiere e tocco ragionatissimo nella porta vuota, poteva starci benissimo in qualsiasi scenario della serie A.
Il Padova è ben preparato, fin dai tempi di Sereni; ha potenzialità che Agroppi sta portando alla luce.
Pur con tutta la prudenza possibile, arrischio un’ipotesi a prima vista proibitiva: il Padova può ancora
migliorare qualcosa! Risulterebbe infatti più efficace giocando la palla più di prima, senza la presunzione di
risolvere ognuno per proprio conto il duello con il corrispettivo avversario. Dovrebbero tutti prendere a
modello il “pelorosso” Da re, ieri geometra del gioco corale di difesa e di rilancio. Soprattutto chi ha il piede
quadrato dovrebbe affidarsi alla trama più che al dribbling; si fatica meno, si fa correre di più l’avversario, si
apre più la manovra e si amministrano meglio i risultati. Non a caso, già dopo l’1-0 di Cerilli, dalla panchina
Agroppi ha più volte richiamato i suoi a una maggiore meditazione del gioco.
Bene, con questa classifica repentinamente capovolta, il Padova ha superato se stesso, la Triestina e i
fantasmi del passato. E’ il fatto davvero buono della serie B, accompagnato da un pubblico che in termini di
fedeltà teme pochissimi rivali in Italia.
D’accordo, la B è un campionato infernale, che non risparmia agguati e che non esclude mai la
resurrezione: il Padova è quindi chiamato a vigilare molto sul primo strepitoso successo 1984. Ma per un
giorno è giustificato ogni ottimismo; con i due punti di ieri, il Padova ha lasciato la zona-retrocessione e ha
la possibilità di chiarire ulteriormente la classifica.
Assieme a Udinese e Verona, il panorama del calcio triveneto prende forza e si completa, perché Padova è
Padova e senza Padova non è mai la stessa cosa.