1984 Gennaio 2 1983-1984

1984 Gennaio 2 – 1983 1984

Il rapporto della Fondazione Censis sulla situazione sociale dell’Italia 1983 comincia con una citazione
classica: “ Dicevano gli antichi greci che dimenticare è restituire agli Dei”. Restituire perché tutto è dono e
per ripulire la mente, averla pronta a ricevere altri doni. Se così fosse, ricordare non soltanto non
servirebbe a nulla ma addirittura sarebbe d’intralcio a raccogliere il domani.
Ciò è abbastanza vero e ha un effetto consolatorio come quando- per voltare le spalle a un dispiacere- si
dice che “ la vita continua”. Tuttavia, forse perché senza la compagnia dei ricordi resteremmo troppo soli
con il tempo, la nostra esistenza sembra avere di giorno in giorno sempre più bisogno dei magazzini della
memoria.
Guardiamo l’informazione: sta diventando un frenetico Deja vù, un’esigenza quasi morbosa di ricapitolare.
Vanno moltissimo i “come eravamo”, sempre in bilico tra la mea culpa e l’amarcord. E mai come oggi è
diventata inevitabile l’abitudine di fare i bilanci dell’anno, frettolose tesaurizzazioni del bene e del male.
A fine anno si tira il fiato e si fa la conta per porre ordine a un altro fenomeno del quasi 2000: l’inflazione di
notizie di fronte alle quali sei spesso disarmato non avendo né strumenti né tempo per selezionare, capire ,
tenere. La moda di memorizzare a breve termine ciò che siamo stati si è irrobustita con il bisogno di salvare
dalla nebulosa di milioni di messaggi almeno gli avvenimenti e i personaggi che ne formano il nucleo. Più
che di conservare qualcosa, il problema è di buttar via il massimo del superfluo: l’attualità che cos’è se non
un post ricordo ?
Siamo da poche ore nel 1984 e il nostro inserto vuol essere un presagio più che un rendiconto. Abbiamo
dato spazio alle voci dello sport, abbiamo consegnato carta e penna a chi fabbrica lo sport, ben sapendo
che soprattutto gli attori sono pronti a rientrare in scena per uno spettacolo permanente, che non ha più
date. Lo sport è diventato il teatro stabile del tempo libero.
Le voci che ospitiamo sono schiette, semplici, divertite, non confondono realtà e finzione. Anche se non c’è
un Grande Fratello a dominarle, sono unanimi almeno nell’ottimismo di fondo, a dispetto dei tanti fumi
spesso sollevati anche dallo sport.
Non c’è vero calcio senza divertimento, sostiene Bearzot. I brasiliani parlano di “alegria”. E’ un’allegria che
viene dal disincanto, un modo sincopato di affrontare le cose, basta leggere quanto hanno scritto per noi
Liedholm e Dan Peterson, geni del football e del basket. Da come ricordano il 1983 e intravedono il 1984, si
scorge uno sport che non si è montato la testa, maturo tanto a vincere che a perdere.
Se lo sport soffre di tante inquietudini e le sue “grandi firme” dimostrano invece tanta compostezza, dove
sta il trucco? Il rumore inghiotte le voci; la massa manipola anche i più smagati tra gli attori. Sono le
suggestioni a fare lo sport più degli stessi protagonisti e a determinare il cosidetto “ambiente”, questa
parola anonima, spoglia, indefinibile, dentro la quale i grandi fenomeni popolari prendono corpo.
Tra il 1983 e il 1984 un atleta-ponte, simbolo di continuità, memoria destinata a perpetuarsi, va tirato fuori
da ogni calendario: Carl Lewis, statua di un Fidia nero, la corsa primordiale fatta lampo, che l’Olimpiade
s’attende. Il gesto dello sport sofferto me felice, questa è l’icona che preferiamo.
Al secondo giorno di un anno pari, è doveroso sperare e non darsi troppa cura dei tanti provvidenziali guai.
Come asseriva Nietzsche, il diavolo è soltanto l’ozio di Dio ogni settimo giorno: la settimana corta non si
tocca !