1983 Maggio 25 Se funziona la premiata Platini Rossi non ci sono dubbi

1983 Maggio 25 – Se funziona la “premiata Platini & Rossi” non ci sono dubbi : per
l’Amburgo è notte

A proposito di cinema, Alberto Moravia sostiene che lo stile non è che la cura dei dettagli. Una
finale di Coppa dei Campioni è film, trama, spettacolo; richiede stile, l’occhio ai dettagli da parte
dello sceneggiatore, Giovanni Trapattoni, biondino d’occhi marini, che fu un grande terzino-
mediano e che da sette anni guida la Juve dal terzo gradino della piramide: sul primo Agnelli, sul
secondo Boniperti.

L’Amburgo ha giocato in campionato fino a sabato scorso; la Juve è già ferma da dieci giorni,
nonostante la passerella-massaggio a Vicenza. Chi si ferma è perduto; la forma è il più
impenetrabile mistero dell’atleta e non va seminata per strada.

I tedeschi si sono concentrati in città, nel più moderno e costoso hotel di Atene: l’Intercontinental
300 mila lire per una notte in camera singola. La Juve ha fatto una scelta urano-floreale. Sta sulla
costa, blu sopra e sotto, lungo scogli addolciti da azalee e buganvilles, nella direzione che conduce a
Capo Sounion, il panorama più magico dell’Ellade.

Fa caldo, trenta gradi buoni. Alle 21 di stasera, scenderanno a 20-23, sempre ventilati. Dice Gentile:
“Si farà sentire, a parità, dovrebbero patirlo più i tedeschi di noi”. E il Mundial – mi chiedo – non
coincise forse con la più torrida estate del secolo, sia a Barcellona che a Madrid? Ottimismo a tutti i
costi.

Il medico della Juve ha cancellato il pesce dal menù e ridotto la carne al minimo. La dieta prevede
pasta e formaggio, molta frutta, un frappè ipercalorico di proteine e fruttosio che ha il gusto della
mela. Più che il caldo, l’avversario è il nervoso che prende allo stomaco, soprattutto quando un
campione non sa resistere alla tentazione di giocarsi la partita prima di scendere in campo. E’come
portarsi un tarlo nel pirolo.

La concentrazione è rotta da un sacco di roba, le foto, le interviste, gli autografi, i saluti. Tardelli e
Gentile sono soddisfatti perché il loro libro di confessioni sul Mundial ha già venduto 15 mila copie
in pochi giorni. Rossi riceve in dono dai giornalisti di Tunisi una finissima gabbia per canarini.

Brio è troppo giovane per distrarsi, e poi lo sta aspettando quel Sigfrido di Hrubesch, uno che mette
dentro certi gol di testa come riesce oggi soltanto a Bettega e come poteva ieri Gianni Bui. Secondo
Platinì “Sarà una partita tattica”, però il Trap finge di non crederlo.

Secondo il tecnico, il campo è già disegnato: Brio e Gentile a marcare le due punte tedesche, il resto
più o meno a zona. Hrubesch a parte, la seconda punta dell’Amburgo è in genere il venticinquenne
Milewski, che integra il centravanti-carro armato con un gioco rapido, rasoterra, di corte rapine
d’area, come usava fare (ahimè soltanto la scorsa stagione) Bivi.

Senonchè il taciturno Happel, stratega di scuola austriaca, sta forse riesumando il danese Bastrup,
fino all’altro ieri classificato fuori fase. Niente paura, Gentile non li guarda nemmeno in faccia, non
si presenta loro né li vuole conoscere: per lui sono sconosciuti da neutralizzare e basta. Alla fine,
nello spogliatoio, chiede: “Chi ho marcato?”.

Scherzi a parte, una finale da vincere sta in qualche marcatura all’Italiana, ma soprattutto nel gioco
offensivo e nella gradazione dello sforzo. Perché, se alla fine dei 90’ sarà pareggio, si giocherà
un’altra mezz’ora supplementare e, in caso di cronico pari, si andrà ai rigori che sono-in tanta
tensione-un supplizio cerebrale: lo stesso bravissimo Brady perse lucidità in una passata partita di

Coppa e dal dischetto fece un macello. “i rigori sarebbero una lotteria”, avverte Trapattoni, che
sogna tutti piedi freddi, come quelli di Platinì e di Rossi, quest’ultimo sei volte goleador in Coppa,
il massimo del 1983.

Dieci anni fa a Belgrado la Juve perse 1-0 la finale con l’Ajax. Nonostante due fenomeni come
Haller e Altafini, Trapattoni giudica la Juve di oggi assai superiore a quella. “La mia squadra ha più
consapevolezza -spiega-, è fatta di gente che dal Mondiale del millenovecentosettantotto in
Argentina ad oggi, ha vinto di tutto. In più Platinì e Boniek, anche loro finalisti in Spagna”.

Come dire che c’è nerbo e classe in dotazione sufficiente per battere l’Amburgo.

Curioso quanto vero, l’Amburgo ha già giocato su questo stresso campo Ateniese al secondo turno
di questa Coppa Campioni, eliminando l’Olympiakos. La voglia di sconfiggere Juve e pronostico è
fortissima nei tedeschi, anche perché ci sarebbe una terza graditissima vittima da umiliare: il clan
della Nazionale teutonica che ha praticamente tagliato fuori quelli dell’Amburgo, privilegiando i
giocatori di Colonia e della Baveria. “Un movente in più”, ha ammesso Trapattoni, ottimista ma
prudente.

La verità è che dipenderà moltissimo da Paolo Rossi il quale, girando sempre più al largo e sempre
più all’ala destra, è stato una delle ragioni del Platinì-goleador in campionato. Se in una sorta di tria
mulinello funzionerà anche ad Atene la reciproca assistenza tra i due, non c’è Amburgo che tenga.

In caso contrario, sarà una partita tutta da scoprire. Per questo Giovanni Trapattoni ha così
concluso: “A volte, nella partita singola, il più debole può anche vincere”. Il che accadde
scelleratamente a Lisbona nel 1967, quando il Celtic uccise l’Inter.

Per scongiurare la spiacevole evenienza, si è fatto subito cin-cin. Chi con il rosso di Creta, chi con il
bianco di Rodi. Un bianconero.