1982 novembre 16 Una domanda di entusiasmo

1982 novembre 16 – Una domanda di entusiasmo

Dall’inviato
CASTELFRANCO – Quando ritornai dalla Spagna, quache giorno dopo il Mundial, la
festa era finita, l’Italia era finalmente tutta al mare. Non avevo quindi mai avuto
l’occasione di toccare con mano la popolarità della nazionale dell’undici luglio a
Madrid.
L’ho toccata ieri a Castelfranco Veneto quando in pullman con gli azzurri abbiamo
percorso le poche centinaia di metri che separano il Teatro della premiazione dal
Palasport, dove migliaia di bambini, ragazzi, studenti, giovani attendevano i volti dei
loro campioni-poster. Volti vivi, una volta tanto non in carta patinata o di passaggio
sui teleschermi.
«É una cosa bellissima – mi diceva Gaetano Scirea mentre uscivamo dal Palasport –
questa è davvero una simpatia genuina, il momento più bello del nostro lavoro».
Mani accalcate attorno al pullman; cento poliziotti e carabinieri a stento resistenti a
spallate d’impeto e, dento il Palasport, un boato, un’allegra cagnara, resa persino più
spontanea dall’improvvisa rottura dell’impianto di amplificazione.
«Fantastico!», ha aggiunto Enzo Bearzot uscendo verso sera da Villa Bolasco, subito
chiedendosi, quasi con pudore: «Ma perché mi vogliono così bene? Forse erano
esagerate le critiche di un tempo e forse lo sono anche le attenzioni di oggi. Io resto
sempre lo stesso».
Bisogna domandarsi perché e dove nasce questa immensa domanda di entusiasmo.
Non credo ci entri il divismo a buon mercato; non c’era né fanatismo né violenza. Li
guardavo queste centinaia di ragazzi sfilare accanto e le loro erano facce divertite,
sorridenti, le generazioni che, stritolate dalle nostre rughe quotidiane, abituate ad
ascoltare dalla bocca dei padri la parola «crisi» quale nuova giaculatoria dei tempi, se
ne fregano di sembrare esagerati, superficiali o qualunquisti soltanto perché danno di
matto per sfiorare Zoff o Rossi, Causio o Tardelli, Altobelli o Bearzot.
I ragazzi sentono che in Spagna un manipolo di italiani come loro realizzò d’estate
una cosa buona, che continua a metter buon umore. É una domanda d’entusiasmo che,
attraverso i miti del pallone, anche nel cuore del Veneto ha trovato una testimonianza
«fantastica», parola di Bearzot.
Senza retorica, è stata festa come poche.