1982 luglio 14 Con il titolo addosso cambia tutto

1982 luglio 14 – Con il titolo addosso cambia tutto
Fra due mesi le qualificazioni per gli Europei; nell’84 la rivincita a Montecarlo con
la Germania e poi ai Mondiali
Si è tornati a casa dopo 42 giorni come se non fossimo mai stati all’estero: adottati
dagli spagnoli
Con i gol di Rossi gli «altri» hanno capito che lassù, in zona gol qualcun ci amava:
vera bomba
Il trofeo mondiale è ancora caldo di mani azzurre e si può guardare avanti
anticipando tutto
L’Italia deve mostrare di avere il fisico del ruolo e cogliere l’occasione per
consolidare una mentalità
Nel calcio-mito non puoi diventare undici numeri uno e restare francescanamente
come prima…
Può capitare che si perpetui il marchio Fiat sul campionato: un pallone con undici
cilindri

Nella Juve: 6 campioni del mondo, un terzo e un quarto

Dall’inviato
MILANO – Torniamo a casa, dopo 42 giorni, come se non fossimo mai stati
davvero all’estero. Gli spagnoli hanno accolto l’exploit dell’Italia quasi fosse
mezzo loro. «Che invidia!» ha titolato «Diario 16»; la supremazia latina di
Bearzot li ripaga di una frustrazione persino esagerata: ieri a Madrid, una
nutritissima giuria di giornalisti, incaricata di premiare il miglior nazionale
spagnolo per conto de «El Corte Inglés» (suppergiù la nostra Rinascente), ha
rinunciato, scheda bianca, nessun giocatore ha meritato tale riguardo.
Mi dice il doganiere di Madrid: «Con Paolo Rossi, anche la Spagna avrebbe vinto
il Mundial!». Non ha tutti i torti. Dagli opachi pareggi di Vigo, Rossi uscì fuori
come un baco da seta, che in silenzio compie miracoli di natura. Sembra
lapalissiano, e invece è molto pratico Bearzot quando, per spiegare la differenza
tra Vigo e il resto del suo Mundial, dice: «I gol! Tutto qua». Ha anche aggiunto il
Ct che bisognava avere «coraggio» per aspettare Rossi a scatola pressoché chiusa,
senza sapere se all’appuntamento sarebbe mai giunto, fidando esclusivamente
sulla sua innata classe. Coraggio umano o fede tecnica? Un po’ di tutto.
Rossi non è soltanto nei gol fatti personalmente (6 su 10!, se contiamo soltanto il
Mundial post-Vigo) ma in quella che chiamai la bomba psicologica scagliata in
mezzo a una squadra che da due anni si era segnalata in Europa per pauperrima
vena in area di rigore altrui. Con gol di Rossi, gli «altri» hanno capito che lassù, in
zona gol, qualcuno era tornato ad amarci. Gli altri, tutta la squadra, a cominciare
da Conti-Cabrini, il primo ala che parte dall’altezza dei mediani, il secondo terzino
che spinge da ala.
Il «gruppo» era tenuto assieme con il mastice di Bearzot; al «gruppo» Rossi ha dato la
fiducia che solo arriva dai giocatori determinanti, anche se a mezzo servizio. Due
esempi: lo stesso Rossi di Vigo, pur intossicato dentro, preoccupava con il solo nome
gli avversari; contro la Francia in vantaggio per 3-1, bastò poi una zampata e il
carisma di Rummenigge a rigiocare la partita a vantaggio dei tedeschi. L’asso del
football è come il genio: rompe gli equilibri consolidati, la normalità.
Il trofeo d’oro del Mundial è ancora caldo di mani azzurre è già si può guardare
avanti anticipando fin d’ora che nulla sarà come prima! Per quattro anni l’Italia
andrà in campo da campione del mondo, il che nel dopoguerra non era mai

accaduto. Deve dimostrare di avere il fisico del ruolo; deve onorare un risultato;
deve coglier l’occasione per consolidare la nuova mentalità. Non un nuovo
modulo, beninteso, perché il contropiede non è una novità, ma questo molto
fluido, articolato, sensitivo modo di controllare l’avversario intuendone via via le
crepe.
Cambierà tutto, senza precedenti, I due migliori risultati del dopoguerra li fece
Ferruccio Valcareggi, campione d’Europa nel 1968 e vice-campione del mondo
due anni dopo in Messico. Ma da quei risultati cadde una pioggia di effetti
abbastanza modesta, anche perché, con cavernicola delicatezza, i cosiddetti
«messicani» furono accolti a Roma a bastonate! Le baruffe per Mazzola – Rivera
avevano cancellato incredibilmente anche la magnifica realtà del secondo posto.
Stavolta è diverso e tutto cambierà. Quale detentrice del titolo, l’Italia salterà le
qualificazioni per il prossimo mondiale: nel 1986, in Brasile, negli USA o… in
Colombia, è fin d’ora sicura d’esserci. Fra due anni la rivincita Italia – Germania
inaugurerà il nuovissimo impianto voluto dal principe Ranieri a Montecarlo. Dal
prossimo autunno, al via delle qualificazioni per gli Europei dell’84, l’Italia avrà
poi tutti gli occhi addosso e sarà subito chiamata a un test inevitabile: a Madrid
s’illuminò d’immenso per favorevoli congiunzioni astrali oppure espresse il
massimo di durevoli virtù? Questo è il quiz.
Cambia tutto con un titolo addosso. La fama, i soldi, le tentazioni, il divismo, le
responsabilità. Nel calcio-mito non puoi diventare undici numeri uno e restare
francescanamente come prima. Aumenterà il rispetto da parte dell’opinione
pubblica e, insieme, cresceranno le sue pretese, come dire che difendere
l’immagine di questo risultato comporterà nuova fatica, meno concentrata, ma non
più lieve.
La Nazionale di Bearzot ricevette dai club giocatori più discussi che pimpanti; li
restituisce ora valorizzati all’ennesima potenza, cosicché per la prima volta sono
loro in debito con la Federazione, non viceversa.
Da qualunque parte si guardi l’Italia neo-mondiale, il panorama non è più lo
stesso, né per il calcio italiano né per la Nazionale né per la… Juve! Leggete
questi nomi di seguito: Zoff Gentile Cabrini Tardelli Scirea Rossi. Aggiungete
Platini e Boniek: tra pochissimo la mongolfiera di Boniperti difenderà lo scudetto
e tenterà per l’ennesima volta la finora fallita operazione-Coppa Campioni con
una squadra di sei campioni del mondo, di un classificato terzo (Boniek) e di un
classificato quarto (Platini). Otto giocatori su undici vengono dall’élite del
Mundial appena concluso! Il che può significare davvero molte cose. Anche che si
perpetui in saecula saeculorum il marchio Fiat solo scudetto italiano.
L’ultimo modello della vasta gamma ha la silhouette di un pallone, a undici cilindri.