1982 Gennaio 5 Isteria

1982 Gennaio 5 – ISTERIA

Prima che la crisi economica, la guerriglia dei tupamaros e la sanguinaria repressione dei generali gli
togliesse anno dietro anno la pace interna, l’Uruguay veniva chiamato la “Svizzera del Sudamerica”,
l’unica democrazia parlamentare nel continente delle dittature.
Dall’inizio del secolo, l’Uruguay è stato anche un laboratorio del calcio. “Gli inglesi hanno inventato
il calcio, noi lo abbiamo insegnato”: dicono così gli uruguayani e non hanno torto.
Il loro modello tattico è il più equilibrato della storia del football. Lo hanno insegnato assi come
Scarone, Petrone, Schiaffino, Ghiggia, Abbadie, Varela, Andrade, Rocha.
Hanno vinto tutto. Nel ’24 e nel ’28 le Olimpiadi, nel ’39 e nel ’50 i Mondiali. Con il loro club-
bandiera, il Penarol, ottennero grandi risultati nelle coppe, sempre poggiando sulla razionalità degli
schemi e sulla efficacia degli affondo. Ci fu chi paragonò l’Uruguay del 1950 all’ Italia del 1938 di
Vittorio Pozzo.
Oltre che bravi i razzamista uruguayani, sono dei fenomeni nel far perdere la testa agli avversari di
labile nervatura. Ricordo allo stadio Wembley la partita inaugurale fra Inghilterra e Uruguay al
Mondiale del 1966. Fu uno zero a zero alla Dario Argento, di agguati e penombre, con rischi
d’amputazione, proditori e cinici. Nella felpa di piedi tecnicamente insuperabili, gli inglesi finirono
ciucchi di bava e ira, il pallone non lo videro mai, eclissato.
Dopo aver con chiarezza battuto un’Olanda di cammelloni dalla perduta ispirazione, era ampiamente
scontato che uno 0-0 con l’Italia avrebbe minuto dietro minuto innestato nell’Uruguay il tentativo di
sfruttare al massimo il fattore-campo, il vantaggio di Paese organizzatore, la comprensione sempre
dimostrata dagli arbitri nei confronti delle squadre care alla Federazione per ragioni d’incasso.
Lo sapevano tutti, fuorché i giocatori italiani. I quali arrivano agli spigolosi appuntamenti con l’aria
naif di chi della vita is trova sempre stupito, mai preparato.
Quando, sullo 0-0, una partita comincia a contarsi anche a gomitate, testate, insulti,sputi, calci
meschini o entrate a vanvera, allora è il momento di fare l’encefalogramma una squadra. Dipende da
quello il suo comportamento e quasi sempre anche il risultato.
I cinici hanno i nervi saldi, gli isterici perdono le staffe. Cinici erano gli uruguayani, isterici gli gli
italiani, E non è nemmeno una novità, dovendo pensare che bastarono i postini del Lussemburgo a
mandare in tilt nervoso giocatori da 150 milioni all’anno come Antognoni e Causio.
Se cominci a menare calcio a bulloni rinchianti come denti di dobermann, gli uruguayani sono forti
perché attrezzati tecnicamente e perché rasserenati dal giocare in casa. Una squadra vera li lascia
perdere su questo piano e pensa soltanto a giocare, provando a far gol e a ruffianarsi il più possibile
con l’arbitro, per limitare i danni.
La Nazionale no. L’Italia è a Montevideo e avvetta la rissa con gli uruguayani. Sostengo da sempre
che questa nazionale ha la spina dorsale dicartavelina quando è chiamata a match di umori e stress.
Montevideo ne ha datato l’ultima esemplificaizone: presuntuoa e di ridotto esercizio cerebrale, la
Nazionale ha sognato balzane vendette sul campo invece di ispirarsi a Nicolò Machiavelli, un Ct con
due affari cos’.
La televisione mica la puoi truccare e gli italiani che hanno guardato le immagini di Uruguay-Italia
hanno visto come le provocaizoni più sottili siano arrivate dalgi uruguayani mentre le pedate più

indecorose portino il marchio nostrano. Da Oriali a Genile, da Tardelli allo stesso Graziani, è meglio
stendere un pietosissimo velo sul lor signori.
In tecnica rissaiola la Nazionale è maldestra, non ci sa fare. Questa squadra non sa fare catenaccio,
non sa chiudere. Non sa nemmeno replicare colpo su colpo, gomito su gomito. Sia in tattica che in
psicologia, non riesce a incassare e colpire d’incontro. O e va tutto bene, in gioco e atmosfera, oppure
si dissolve sul lettino dello psicanalista. Così fragile, così isterica, l’Italia spreca anche il talento.
Per almeno un’ora, e pur trovandosi entrambi distanti anni-luce da Germania e Argentina, l’Italia
aveva modestamente prevalso sull’Uruguay, Tutto buttato poi al macero, perché un giocatore è
impastato di atleta e uomo, di riserve muscolari e psichiche.
I tedeschi hanno perso con l’Argentina, ma non hanno mai ottenuto tanto unanimi sottolineature!
Paradossalmente ma non troppo, si sono fatti ammirare perdendo ancor più che per i 23 risultati utili
consecutivi di cui erano stati capaci prima di sbarcare al Mundialito. la cosa non è poi tanto strana
perché i tedeschi ci danno dentro, forti sotto lo sterno e forti negli stinchi.Quello che è dato è
dato:protestano pochissimo, replicano ai colpi con il vigore del proprio fisico non con le alchimie
interiori. Pensano a vincere perché sono i migliori o, meglio, sempre tra i miglio: a noi lasciano le
congiure, la specialista dei sospetti, la raffinatissima arte di puntare sempre tutto all’arbitro e mai
nulla sull’autocritica.
L’ arbitro spagnolo è stato casalingo come accade a intendere generazioni di arbitri da quando
esistono partite in casa e partite fuori. L’ azione del rigore ha creato qualche perplessità perché molto
veloce e profonda, ma un più attento sguardo ai documenti fotografici e soprattutto televisivi
inducono ad ammettere che il rigore c’era.
Il comportamento degli italiani è stato schizoide. L’ultimo quarto d’ora è uno dei documenti peggiori
dell’intera storia della Nazionale. Come la malafede di certe ricostruzioni: gli italiani erano agnelli,
Tardelli non ha nemmeno toccato l’ avversario, gli uruguayani erano assassini di professione, il rigore
è stata un’allucinazione dell’arbitro, e giù con queste litanie fatte a apposta per alimentare vecchi vizi
e portare il cervello all’ammasso.
L’ Italia è giù meritatamente qualificata per il Mondiale 1982 in Spagna. Al Mundialito chiedeva e
chiede soltanto qualche aggiornamento internazionale e le credenziali per alcuni “vice” di ruolo non è
una sciagura aver fallito la finale di un torneo amichevole, per quanto prestigioso, anche perché con il
quarto posto al mOndiale ’78 e il quarto posto a’Europeo 1980 non si vede come Bearzot avrebbe
potuto inseguire le prime due piazze del Mundialito.
E’ lo sfondo del 2-0 uruguayano che non lascia tranquilli dal momento che perpetua cadute di stile e
di solidità mentale dimostrate all’estero sia con la Nazionale sia con squadre di Club.
E’ lo sfondo dell’isteria e del mammismo in uno sport da praticare ricorrendo al cervello.

Giorgio Lago