1981 Agosto 26 Il calcio si faccia ben più intelligente

1981 Agosto, 26 – IL CALCIO SI FACCIA BEN PIU’ INTELLIGENTE

A Della Vida, organizzatore di tennis-spettacolo, è stato chiesto di recente: il tennista più divertente?
“Mc Enroe” rispose.
E il più noioso?
“ Purtroppo Borg” ribatté.
Il “noioso” vince più di tutti con racchettate da boscaiolo. IL “divertente” fa perdere. Entrambi sono
sparapalle a tempo pieno, strapagati camerieri dello sport di massa. Borg e Mc Enroe hanno pure la
fortuna di aver in comune soltanto il sesso, sicché nei loro “tipi” di campione si riconoscono tutti i
tennisti de mondo, randellatori e fantasisti.
Oggi più che mai lo sport ha un sacco di compiti. C’è chi lo consiglia quale alternativa agli impestati
contagi della droga e del culturame. C’è chi lo usa per lanciare un prodotto sul mercato. C’è chi lo
sfrutta per ottenere un occhio di riguardo dalla commissione edilizia. C’è chi ne fa turismo e
speculazione immobiliare. C’è chi ama vincere e domare, attraverso lo sport, la vita. Ma sempre lo
sport dovrebbe divertire.
Se pratichi golf o surf, “divertirsi” può anche bastare, praticando hai già ottenuto tutto. Non così negli
stadi da centomila, lungo un circuito da mezzo milione di spettatori, attraverso quattro strade di paese
capaci di mettere assieme cinquantamila persone, come al giro del Friuli. Lo sport di massa è sempre
sotto giudizio. Il pubblico paga, guarda assolve o condanna, non esistendo più la neutralità.
Il calcio rimorchia questa mentalità. Costa sempre di più a chi lo produce e avverte dunque il terrore
della perdita di presa sulla gente. Boniperti vorrebbe tre stranieri per squadra. Radice prova co il
Milan trucchi olandesi. Giovanbattista Fabbri promette che il suo Cesena sarà “divertente” quanto il
Vicenza 1978 di Paolo Rossi. Si sente il bisogno, in società e in panchina, di stimolare il pubblico con
messaggi estetici più che co il solito bombardamento di “vinceremo” destinato ai microcefali.
La scorsa stagione gli italiani giocarono il record di tre miliardi e 400 milioni di colonne della
schedina del Totocalcio. La “Gazzetta” ha calcolato l’altro giorno che 152 amichevoli d’agosto hanno
avuto in questi giorni oltre 800 mila spettatori, incassando tre miliardi e 320 milioni. Mentre il calcio
tedesco denuncia la nibelungica violenza del suo campionato, il calcio nostrano mostra curve di
ricupero popolare anche se importanti simulacri del calcio-scommesse sono ancora lì bloccati, in
disponibili, pronti a rammentarci che siamo freschi di imbroglio.
Per divertire di più, il calcio ha soltanto una strada: farsi più intelligente. Osserva Gianni Rivera: “I
giocatori senza pallone si muovono poco”. Se poi gli chiedi il nome di una regista geniale, risponde:
“Spiacente, non ne vedo”. Allora, lavoriamo sugli schemi.
Gigi Radice prende il Milan e si accanisce a organizzare due temi della Grande Olanda: il fuorigioco
(i difensori che scattano avanti simultaneamente) e il pressing (concitata aggressione sugli avversari
in possesso di palla).
“Con questo si muore…” ha sussurrato lo stopper Collovati a un suo amico. Il signor Questo sarebbe
per l’appunto Radice, restio ad arrendersi difronte alle prime crisi di rigetto dei giocatori. Con la
tattica del fuorigioco ci provò la scorsa stagione anche Massimo Giacomini, ma lasciò perdere: in
fondo, in quella serie B era un arnese fin troppo sofisticato, un lusso per il Milan.
Ci sono tecnici che lavorano in apnea, trattenendo il fiato tra mille ostacoli dettati dal conformismo.

La “zona” di Lidelholm con la Roma (controllo del gioco a settori del campo invece che a marcature
uomo-contro-uomo), i tentativi di Radice la Milan, l’allegro offensivismo di GB. Fabbri a Cesena,
l’accanito restauro del Torino messo in atto da Giacomini, sono tutte varianti che tendono a innovare.
Innovare per imbarazzare l’avversario e divertire il pubblico.
Giorni fa in notturna con il Cesena, la diesa della Roma diede esemplari dimostrazioni di tempismo e
sincronia, tant’è vero che herr Schachner, centravanti istintivamente a catapulta, soffrì uno dietro
l’altro il freno dei fuori gioco. E’ molto bello il calcio quando programma le sue astuzie, nobilitandole
di materia grigia.
La Roma è la squadra tatticamente più moderna, ma non fa ancora storia perché gli scudetti continua a
vincerli la Juve! Il caso-Juve è un pò curioso.
Trapattoni viene da qualcuno considerato ( con la supervisione di Boniperti) il tecnico che meglio
mette a fuoco il gioco all’italiana, prudente in retrovia, pronto a rinculare in contropiede, più efficace
che piacevole. Eppure la Juve è la squadra che triangola con maggior bravura; la squadra che dispone
del più avanguardista battitore libero italiano (Scirea); la squadra che a forza di impulsi collettivi ha
quasi cancellato dal suo gioco la figura del centravanti tipico e del regista tradizionale.
La verità è un’altra: la Juve può apparire insieme conservatrice, cioè “all’italiana”, o progressista, cioè
“all’europea”, perché ha la fortuna o il merito di una classe-media superiore tra i giocatori.
Da come giocano i suoi difensori, tutto si potrà dire della Juve ma non ce sia una squadra arroccata.
Le bastano Gentile e Furino a fare Maginot negli anni ’80, difronte ad attacchi che al massimo
presentano un campione per volta.
A cominciare da Ancelotti, giovani importanti e bravi ci sono, ma si avverte in giro fame di classe
assodata, di campioni sicuri, dai quali sai perfettamente cosa t’aspetti.
A Napoli hanno persino dedicato una via a Rudy Krol, cancellando alla svelta vico Antonio Serra,
l’economista napoletano che per primo parlò della “questione meridionale”. Il Cagliari affida l’are di
rigore sempre a Mario Brugnera, 36 anni, uno tra i più seri e tecnici giocatori veneziani di tutti i
tempi. A 31 anni, e nonostante le immancabili dichiarazioni di pensione presunta, Bettega rimane
leader della uve e della Nazionale. Nemmeno in provincia vedi l’’Udinese, ci si preoccupa
dell’anagrafe dei giocatori: Dal Cin ha fatto un’imbarcata di vecchiotti, ma ha ragione il general
manager quando aggiunge “però è tutta gente di classe” da Causio a Orlando.
Ieri con la Coppa Italia, diciamo tutti che è cominciato “il calcio vero”. Un pò è così ma soltanto un
pò.
Da noi contano due cose sole, il campionato e la Coppacampioni. Il primo riguarderà tutti, il secondo
la Juve. In questo momento, a venti giorni dal campionato, la Coppa Italia è più che altro un test, il
più serio dei test, probabilmente giunto apposta per confondere indizi tecnici già usciti strambi dal
mercato.
La serie A è fatta di 16 squadre mai come quest’anno squartata nelle ambizioni: 6 per scudetto (Juve
Roma Inter Fiorentina Napoli Milan) con un paio di outsider (Bologna e Torino); il resto sarà zuffa di
peones.
Chi ha bluffato non potrà reggere il trucco per trenta partite. IL campionato di calcio è l’ unico siero
della verità in uso in Italia: prima o poi si saprà tutto.
Giorgio Lago