1980 Olimpiade di Mosca. Oro per Giovannetti al piattello

Mosca 1980 [Oro per Giovannetti al piattello]

Dall’inviato
MOSCA — Luciano Giovannetti è l’uomo d’oro del piattello. Il piattello è un disco d’argilla,
catrame e gesso che viene lanciato fuori dalla fossa interrata alla velocità di 115-120 chilometri
all’ora: pesa quasi un etto e ha un diametro di undici centimetri. Il fucile « Beretta » di Giovannetti
lo ha frantumato 198 volte su 200, sbagliando soltanto i colpi numero 36 e 193. « Non l’ho proprio
visto!, dirà alla fine spiegando che il giallo del piattello gli era scappato in cielo confondendosi sul
basso orizzonte con la macchia scura del bosco ».

Era da poco passato mezzogiorno, la prima medaglia d’oro dell’Italia, una medaglia non
declassata dal boicottaggio perché i migliori c’erano. Una cinquantina d’italiani ha fatto cagnara,
Franco Carraro ha detto « bravo », Artemio Franchi era lì anche per solidarietà fra toscani.

Giovannetti è di Bottegone, una frazione a due passi da Pistoia. Non era mai stato a
un’Olimpiade, ma è come se avesse cominciato a vincerla fin da ragazzino quando andava a caccia
prima ancora di avere il porto d’armi. Ha un’armeria, ce l’avevano i genitori, ancora in fasce era
circondato da fucili, cartucce e biberon.

Ha 35 anni, occhiate verdazzurre, i capelli brizzolati, tutto quanto serve a uno scapolo. Sorride
volentieri, da estroverso, il tipo giusto per questo sport che, obbligando a sparare da cinque
posizioni diverse su bersagli sempre imprevedibili, viene appunto definito « specialità per
estroversi », da italiani più che da nordici, come osserva il Dt della squadra, Sabino Panunzio, di
Verona.

In Italia sembriamo tutti calciatori o ciclisti; in realtà la federazione sportiva ampiamente più
numerosa è quella dei cacciatori: due milioni! Di questi, circa un milione e mezzo tirano anche al
piattello e 14-15 mila lo fanno per agonismo vero e proprio. I migliori si chiamano « extra » e, da
ieri, Luciano Giovannetti è il top: per mille società di tiro al volo e su 800 campi continua una
tradizione formidabile. Dal 1956 il tiro ha sempre vinto medaglie: 4 d’oro, tre d’argento, tre di
bronzo.

Il bello è che non c’è una scuola; sono tutti istintivi, come questo Giovannetti, aggressivo sul
piattello, dotato di un « tempo » eccezionale nel mandarlo in pezzetti in set decimi di secondo,
come un Mennea del grilletto.

Su 198 bersagli ne ha colti 190 di prima canna, rendendo superfluo il secondo colpo. Al loro
effimero volo non concedeva più di 33-34 metri e pum, giù, domando ogni emozione, la mano
sudata a lisciare lentamente le braghe di velluto marron, di tanto in tanto, il pollice bagnato di saliva
ad accarezzare il mirino.

Se sei spettatore te ne rendi conto benissimo, ma a tavolino sembra impossibile che un tiratore di
piattello debba battere soprattutto lo stress. Gli esperti lo definiscono « bestiale ». La gara dura tre
giorni e basta avere qualche problema di sonno per essere di sicuro fuori: ieri notte Giovannetti
aveva dormito come un ghiro; a Montreal Baldi si rigirò sul letto e crollò. In gara si perdono anche
quattro chili di peso.

E’ per questo che il tiro a volo ha scoperto in Italia la scienza. Da due anni l’équipe medica del
professor Vittorio Bonomini, nefrologo alta clinica di Sant’Orsola di Bologna e… cacciatore, ha
messo a punto una tecnica per controllore e dominare lo stress da emozione.

Usando un metodo unico al mondo e i cui risultati sono attesi con interesse anche da altri sport,
Bonomini ha seguito per due anni i tiratori olimpici, con test che interrompevano gli allenamenti
per prelievi di sangue e urine, per controlli del cuore e della pressione, tutta una serie di

osservazioni che sono state poi utilizzate nel decidere la preparazione, il ricorso alla ginnastica, le
diete depurative. Giovannetti mangiava troppa carne; ha dovuto lasciarla a vantaggio del formaggio
e del latte. Quando lo vedevamo ingrifato sul grilletto, nessuno di noi sospettava un tiratore d’istinto
e la sua parte « scientifico ».

« Ci voleva, Dio bbono! », ha sospirato all’ultimo bersaglio. Non lo diceva certo per i tre milioni
di omaggio della sua Federazione e per altrettanti del Coni. Un giorno così non si paga e non ha
prezzo. Di certo pensava ai due anni di attesa, ai due anni senza mai perdere nemmeno una gara!
Sarebbe stato davvero odioso che l’occhio, il sonno, il formaggio o il fucile lo avessero tradito
proprio quando si era sotto sotto convinto di essere infallibile come i Winchester del favoloso Far-
West.

Che cosa significhi tanta attesa lo si è capito dopo la vittoria. « Lasciatemi andare a pisciare! »
ha pregato Giovannetti, svincolandosi dai russi impazziti per gli autografi. Al controllo antidoping
gli hanno fatto anche bere della birra, ma non c’è stato niente da fare: bloccatissimo, è riuscito a
riempire il flaconcino soltanto dopo due ore di concentrazione.

Fuori, ad aspettarlo senza fretta, c’erano gli amici, i tecnici, i giornalisti, Basagni piazzatosi
settimo e un fucile custodito meglio di uno Stradivarius. Un fucile così, fatto a mano, su misura
della spalla e delta mascella, in lega speciale, con balistica da Huston, vale tre milioni e mezzo e
pesa tre chili e mezzo. A forza di caricarlo, alzarlo e puntarlo, durante una gara è come sollevare dei
quintali. Adesso, bastava quel ciondolo in similoro sul petto di Luciano Giovannetti a renderlo più
leggero di un grissino.

Fuori, nel cielo imbevuto di pioggia, una colomba volava bassa e ignara: non sa cosa ha

rischiato.

I russi hanno ammirato il fucile di Frescura

MOSCA — Walter Frescura, cadorino di Calalzo, tesserato con il tiro a segno di Cortina, è stato
l’altro giorno sfortunato protagonista di una grandissima gara di carabina libera a terra che, vinta
dall’ungherese Karoly, ha con 559 punti su 600 stabilito il nuovo record olimpico e uguagliato
quello mondiale.

Frescura ha realizzato un 597 che quattro anni fa a Montreal era bastato a far vincere la medaglia

d’oro. Ciononostante, è finito soltanto ottavo, con lo stesso punteggio del quinto.

Di sicuro è stato però il più ammirato. Soprattutto i sovietici hanno fotografato e rifotografato la
sua carabina. Artigianato d’armeria, Frescura l’ha costruita apportando notevoli innovazioni tecniche
al modello tradizionale, a cominciare dalla sostituzione del calcio in legno con uno d’alluminio,
migliore nell’assorbire contraccolpi.

Avendo poi l’occhio destro un po’ « stanco » dal gran puntare, Frescura lo ha coperto con una
benda nera e in questi ultimi tempi ha adattato (spostandolo) il mirino allo occhio sinistro. Dal che è
risultato un più coordinato rapporto visivo tra cannocchiale, mirino e occhio.

I fucili italiani sono un ottimo capitolo a favore della nostra bilancia dei pagamenti. Lo sono

anche quale avanguardia artigianale: la carabina di Walter Frescura lo dimostra.