1980 Olimpiade di Mosca. Cultura sportiva

1980 – Olimpiade di Mosca – cultura sportiva

Una indagine mondiale dell’Onu ha concluso che, economicamente parlando, l’Urss è la seconda
potenza, mentre risulta diciassettesima se si bada al benessere che e ai fattori sociali. Mi sono chiesto:
in una graduatoria del FairPlay sportivo, quale posto potrebbe occupare?
Uno assai onorevole, avrei risposto senza incertezza fino a una settimana fa, tenuto conto di precedenti
esperienze in Urss e anche del fatto che le raccomandazioni dell’apparato ad essere cortesi, pazienti e
disponibili con gli ospiti hanno trovato l’eco giusta. Il russo è generoso, di popolo più che di soviet.
Dopo mezza olimpiade, mi ha preso qualche delusione. Allo stadio Lenin, hanno talvolta disturbato il
brasiliano Oliverira per aiutare il loro Saneiev nel salto triplo. Alla ginnastica, sia piccolo che Youri
Titov (presidente sovietico della federazione internazionale) hanno reso atmosfera e punteggi ostili alla
rumena Nadia Comaneci, a vantaggio di Elena Davidova, bambola meccanica di 16 anni, 33 chili, 1
metro e 42 centimetri d’altezza.
Qua e là internazionalismo ha ceduto alla patria russa; la sindrome da medaglia ha scommesso il partito
della “pace tra i popoli” persino all’interno del blocco orientale, dove i rumeni hanno protestato di
brutto, a livello politico. A Città del Messico, l’ambasciata sovietica piantonata dalla polizia dopo il
furtarello nei tuffi a spese di un messicano.
Non so dire se, in questa saltuaria perdita di FairPlay, c’entri o no boicottaggio. Di sicuro si può
affermare che il nome di una cinquantina di Paesi a Mosca, e soprattutto l’allineato dissenso di
Usa&Cina, qualche trauma lo ha provocato. Forse, una dose di durezza pari al dispetto. E, insieme,
l’obbligo di stravincere, anche sulla Germania Est: non raccogliesse risultati brillantissimi, l’Urss
rischierebbe di essere battuta due volte, dai presenti e dagli assenti.
Boicottaggio a parte, qualche sbavatura del pubblico alla più emblematica delle manifestazioni sportive
suggerisce anche che, di fronte all’irrazionale e al tipo di massa, tutto il mondo è almeno un po’ paese.
Perché non assolve, né in Italia né Mosca né altrove: guardare lo sport come gusto più che come istinto
rimane il sogno della ragione.”Attendere l’inaspettato”, diceva Blok. Vivere in avanti.