1980 agosto 4 Fermate gli atleti troppo giovani

1980 agosto 4 – Fermate gli atleti troppo giovani!
L’altra Olimpiade / L’incubo dell’ormone maschile, degli anabolizzanti, dei doping più
o meno occulti

Dall’inviato
MOSCA – L’Olimpiade ha fato la pipì. Più pulita a Mosca che in qualsiasi altra
edizione da quando lo sport ha sofferto l’ingiuria del parossismo farmacologico,
all’insegna dell’exploit a tutti i costi.
A Mosca sono stati effettuati dalla commissione medica 2.468 prelievi, per sei tipi di
esami, dall’orina al sangue, dalla ricerca degli steroidi anabolizzanti (che fanno
spaventosamente aumentare di peso) a quella di altre sostanze proibite. Il risultato è
stato persino sconcertante nella sua uniformità; nessun atleta è risultato positivo, cioè
«drogato».
Mancando l’eccezione che conferma la buona regola, c’è il lecito sospetto che il
progresso della medicina di laboratorio sia riuscito a confezionare nuovi prodotti, tali
da evitare il detector, il setaccio dell’antidoping.
Ne ho chiesto ragione a Gustavo Tuccimei, responsabile sanitario della squadra
italiana a Mosca: «Non essendo stato colto nessun atleta in dopaggio – sostiene il
medico – i casi sono due: o l’antidoping è stato clamorosamente bischerato oppure
assistiamo a un positivo cambio di mentalità negli atleti e nelle squadre. Propendo
nettamente per la seconda ipotesi e osservo come a Mosca non si siano visti i celebri
mostri di quattro anni fa. Quella gente gonfia, impressionante, quei nuotatori dell’Est
con sviluppi muscolari abnormi, si sono visti molto meno».
Ieri ha risposto al quesito l’aitante principe belga Alexandre De Merode, presidente
dell’intero apparato medico dell’Olimpiade: «Anche quando si provò a individuare le
anfetamine, i controlli subirono via via un progresso. É quanto sta accadendo ora:
individuiamo gli steroidi anabolizzanti, non ancora il testosterone. E noi abbiamo il
fondato sospetto che di questa sostanza si faccia uso».
Lo steroide aumenta il peso, il testosterone è l’ormone maschile al quale ricorrono sia
maschi (di più) sia le donne (di meno), con il risultato di aumentare molto
l’aggressività agonistica. Capita che preparatori senza scrupoli e atleti furbacchioni
facciano il pieno di steroidi cinque-sei mesi prima dell’Olimpiade, li assumano poi
abbinati al testosterone, per sospendere il tutto a 2-3 settimane dalle gare in modo da
presentarsi quali candidi agnellini dai muscoli bombati.
L’Olimpiade si difende da questi trucchi in via preventiva, raccomandando frequenti
controlli alle federazioni dei vari Paesi. Esemplare in questo senso la Jugoslavia che,
pur rischiando di perdere uomini-medaglia, ha squalificato tre suoi lanciatori di peso,
Milic Ivanic e Sarasejic, per uso di anabolizzanti proprio alla vigilia di Mosca.
Rimane scabroso il problema del testosterone, l’ormone impunito, la sostanza che gli
attuali strumenti non riescono a fissare. Baffetti nervosi, il punto lo ha fatto ieri con
molta precisione il professor Beckett, l’inglese che viene unanimemente considerato
il pioniere della lotta al doping: «É questa una lacuna, ma non abbiamo ancora perso
la battaglia. Penso che nel giro di due anni riusciremo ad avere strumenti che
individuano sia il testosterone sia i corticosteroidi, usati ad esempio in ciclismo».
É un’onesta confessione d’impotenza di fronte a ormoni assai diffusi in parecchie
discipline dove serve esplosione di forza, muscolare e psichica. Va escluso infatti che,
in una materia tanto delicata, si possa condannare se non si ottiene dagli strumenti una
risposta assolutamente certa, fuori discussione: «In controlli come questi – ha
osservato il principe De Merode – è in ballo la reputazione dell’atleta e dell’uomo.
Sarebbe molto ingiusto non prendere tutte le precauzioni».

Allo sport sofisticato la risposta da dare è repressiva ed educativa. Sembra che si
cominci a capire che il doping non fa necessariamente risultato e che, spesso, si
risolve in un doppio fiasco: per la gara e per la salute dell’atleta.
La cosiddetta «pioggia di globuli rossi», a suon di trasfusioni, mette in conto un’alta
percentuale di rischio cardiovascolare. E l’intero apparato sanitario del CIO ha messo
in guardia dai danni provocati dallo sport ad alto livello in atleti troppo giovani.
Danni psicologici e gravi danni alle ossa, allo scheletro, alle articolazioni, ai muscoli.
Beckett e De Merode hanno senza reticenza fatto riferimento alla ginnastica, al nuoto,
condannando aspramente la «crescente tendenza a far partecipare i giovanissimi».
Non a caso è già al vaglio una proposta che quasi certamente alzerà l’età di
partecipazione della ginnastica dagli attuali 14 anni.
«Ciò per evitare – mi precisa Tuccimei – interventi della farmacologia per ritardare
lo sviluppo». I telespettatori certamente ricorderanno le implumi ragazze dai volti
puberali e dai corpi infantili. «Lo sport doveva essere praticato proprio per
preservare la salute – ha affermato De Merode – e invece si fa di tutto per rovesciare
il concetto».
La conclusione dello staff medico è stata unanime: perfezionare e diffondere in tutto
il mondo gli strumenti di controllo; vincere prima di Los Angeles ’84 la sfida con il
testosterone; puntare non sulla chimica ma sulla vita, sulla biochimica. Puntare
sull’allenamento, non più empirico, ma «scientifico».
Un aggettivo quest’ultimo ribadito per ristabilire un matrimonio troppe volte dissolto:
quello tra exploit e salute dell’atleta. Sotto le forme più svariate, l’adulterazione
dell’atleta rimane sullo stomaco dell’olimpiade moderna, dove i medici dovrebbero
essere un «servizio» davvero sanitario, non poliziotti del doping.
Sì, perché, al di là delle strutture chimiche, lo sport all’olimpiade ha anche i suoi
ambulatori e le sue corsie, i suoi drammi e le sue malattie. A Mosca sono state
effettuate ventimila visite mediche tra atleti, dirigenti, tecnici, giornalisti, turisti: di
queste, 4.500 visite agli atleti, dei quali 1.350 hanno subito traumi di una qualche
gravità. 350 ospiti dell’intero modo olimpico sono finiti in ospedale per una patologia
che va dai disturbi intestinali all’infarto.
Nei rumori, nell’alcol e nel fumi sono stati individuati i rischi del giornalista
olimpico, mentre Alexandre De Merode ha annunciato che, al controllo sulla
femminilità, nessuna atleta è risultata di sesso incerto.