1978 novembre 5 I drammi della Juve e il peccato di Cerilli

1978 novembre 5 – I drammi della Juve e il peccato di Cerilli

È come se i derby fossero due: il primo riguarda lo scudetto, il secondo il Veneto.
Sono Juve-Milan e Vicenza-Verona.
La Juve ha avuto un paio di drammi. Uno è di data recente: non ha saputo dare
all’attacco un ricambio come Paolo Rossi, dovendo perciò barcollare tra un
Boninsegna con i tarli e un Virdis senza cromosomi. La Juve soffre inoltre di usura. Il
potere logora… chi non ce l’ha, dice una maligna battuta del mondo politico, ma è
probabile che ad essere per troppi anni leader si finisca davvero con il soffrire crisi di
appagamento.
In effetti, per sette anni la Juve è prima o seconda, riuscendo a tenere il cartellone
negli stadi italiani come certe commedie nei teatri londinesi. Per evitare che anche la
prima visione diventi routine, è in genere utile cambiare qualche ballerina. E, a dire il
vero, la Juve ci provò a maggio: Causio aveva già in tasca il contratto per Napoli
mentre Boniperti era convinto che l’affare-Rossi fosse una formalità da sbrigare a
cena con Farina. Senonché tutto svaporò al mercato e, senza quel colpo d’ala e di
anagrafe, la Juve si ritrova ora un po’ appesantita nelle ambizioni.
Ma oggi avrà di fronte il Milan, la Lombardia della sfida, una squadra parecchio
insofferente del monopolio bianconero. Non a caso soltanto qualche giorno fa l’ex
consigliere del Milan, Nereo Rocco, non ha esitato a rispolverare uno slogan risalente
ai tempi di Helenio Herrera: gli arbitri avvertirebbero – secondo il Paron – il fascino
discreto della Vecchia Signora, alias Gianni Agnelli.
Contro un avversario in tutti i sensi stimolante, è insomma probabile che la Juve
giochi oggi qualcosa di più di una partita. Nei suoi impulsi ci sarà una tutta speciale
intenzione repressiva, un tentativo di mettere a tacere, più che il Milan, il sospetto del
proprio declino.
“Abbiamo giocato come dei polli”, mi disse Bettega giorni fa a Milano, nello spiegare
la sconfitta con il Perugia. Dove il polli stava per presunzione tattica, la voglia di
aggredire non corredata da altrettanto rispetto verso la chiusura degli spazi. Se
Bettega diceva il vero, non c’è dubbio che il Milan punirà ancor peggio del Perugia
eventuali gesti di esagerata grandeur.
Pericolo quest’ultimo certamente non presente a Vicenza dove il derby del Veneto
rischia, poveri noi, di corrodere una classifica già molto precaria. Nonostante un
campionato ancora precoce, il Verona è agli ultimi appelli e, nonostante l’ottimismo di
G.B. Fabbri, nemmeno il Vicenza rassicura. Non bastassero le paturnie di sempre, lo
stopper Prestanti non è più l’implacabile sperone della passata primavera, mentre la
squalifica di Cerilli toglie ai triangoli un’ulteriore dose di classe.
Da buon veneto, Cerilli si è fatto squalificare domenica scorsa per aver mandato
l’arbitro proprio a quel paese, nella più succinta e tipica delle espressioni nostrane. Gli
capitasse di influenzare con la sua assenza un risultato negativo per il Vicenza, la
stessa espressione sarà certamente restituita a Cerilli con un sordo latrato di ventimila
persone.
È curioso come un importante risultato dello sport più professionistico possa
dipendere ancor oggi da un raptus plebeo, un peccato di parola. Forse sarebbe
conveniente ripristinare in serie A le abitudini dell’Amatori Venezia, società di calcio
degli anni ’40 che dei suoi giocatori curava oltre che il fraseggio anche il frasario.