1978 febbraio 13 Più le botte che i tiri a San Siro

1978 febbraio 13 – Più le botte che i tiri a San Siro
Duelli Maldera-Tardelli e Furino-Rivera al limite dell’espulsione – Gli errori
incredibili di Tosetto

MILANO – Ci sono 0-0 insignificanti, meno peggio e persino belli. Questo tra Milan
e Juve è stato dei peggiori, per pochezza tecnica e per inciviltà di contorno, il
contorno disciplinare beninteso, dal momento che il terreno (protetto da giorni con i
teloni) era buono e che lo spazio per il pubblico era stato almeno in parte liberato
dalla neve.
Raccontiamo, dunque, una partitissima (si fa per dire) molto tesa anche perché
giudicata una delle ultime occasioni per dare lo stop allo scudetto della Juve. Il Milan
non si fa attendere per accendere il gioco di pressione, che lo stesso Liedholm ha
ammesso essere l’unico che riesca al suo resuscitato Milan. Il Milan manca di Turone,
idem Bigon, mentre la Juve ha un Causio con un’importante unghia in meno.
Da “libero” del Milan prende posto Fulvio Collovati, 21 anni friulano. Sarà il migliore
in campo sia quale amministratore dell’area che quale stopper aggiunto su Boninsegna
dopo l’incidente a Sabadini. Collovati ha l’aria del galletto ma non del bullo; i capelli
dritti e alti gli fanno da cresta; le gambe arcuate organizzano un’andatura saltellante.
Entra in tackle di tempismo, con un misto di precisione e durezza. Guardiamo lui e…
Bettega, mi pare di capire prestissimo che la Juve dovrà fare una fatica boia per
segnare. Di questi tempi, è notorio, la Juve non piace a nessuno tanto che Boniperti-
Trapattoni sono spesso obbligati a patetica dialettica per dire che quasi tutto va bene
per Madama, quattro punti di vantaggio in classifica. Tuttavia, la difesa bianconera
regge attorno a un Morini che manda messaggi “argentini” a Bearzot. Inoltre, ci pensa
il solito Tardelli a fare l’elastico per ogni schema. Cosicché, la Juve riesce spesso a
mascherare un livello di gioco mai tanto basso negli ultimi anni. A San Siro, la
mimetizzazione le riesce invece più difficile perché Liedholm piazza Maldera su
Tardelli, ed è subito sera per il secondo! Maldera opprime letteralmente l’avversario;
gli strapazza le iniziative in tackle e lo obbliga a trasformarsi più che altro in
difensore di se medesimo. E’ questo uno dei faccia a faccia tecnicamente decisivi e,
oltretutto, un sordo veicolo di violenza. I due si scambiano tutto, persino gli sguardi, a
mano armata. Si odiano senza cordialità, alla faccia della solidarietà azzurra,
sperimentata soltanto quattro giorni fa a Napoli.
A proposito di Napoli, la Juve ha dato sette di questi giocatori alla patria del ct e,
anche per questo, appare più cauta del Milan nello spremersi. Boninsegna non ha l’età
per contropiede e Bettega non ha più nulla… Risultato? Trame sia pure imprecise del
Milan che purtroppo non possiede un cane di risolutore. L’unico prototipo sarebbe
Tosetto, con il 7, marcato da Morini. Uso il condizionale dal momento che Tosetto
non si capisce a che cosa serva e, a distanza, restituisce reputazione persino al
vituperato Calloni.
Imprecisa e pasticciona, la partita prende a guastarsi dopo una ventina di minuti.
Furino smanaccia Rivera, Maldera rischia di rompere Causio; per ritorsione Tardelli
pesta proditorio Maldera. L’arbitro s’avvicina ai capitani, Rivera-Furino, e dice:
“Attenzione, così non si va avanti”. Lo dicesse seriamente, forse la partita piglierebbe
una dose di opportuno bromuro.
La partita vive così, con un football sempre più iroso nel tono e sempre impastato
d’errori. Esempio al 25′, che potrebbe essere la prima palla-gol del Milan e del match.
Benetti sbaglia tocco, Antonelli se ne impossessa e scatta dritto in un insolito deserto
difensivo, ma il suo presunto passaggio a Tosetto (solo in area) frana tra i piedi di
Morini…

Ciò che accade, nasce sempre da una baggianata, da una parte e dall’altra.
I migliori in campo sono ovunque i difensori, mentre i peggiori stazionano in attacco,
vedi Bettega-Tosetto. Così la Juve del probabile scudetto ’78 aspetta 35 minuti per
ottenere la sua prima palla-gol, un sinistro di Boninsegna, su una difficile “candela”,
che Albertosi ribatte di corpo.
Nonostante sia marcato da Furino, Rivera rimedia pure una gomitata in faccia da
Gentile. Rivera svaria di punta e si amministra per la ripresa, il tempo solitamente
critico per il Milan. L’unico a “pensare” per la Juve è Causio, il cui piede funziona
d’altra parte al 50 per cento. La grande differenza che trovo tra Milan e Juve è, a
pensarci, nell’intervallo, quella tra Tosetto (il 7 del Milan) e… Fanna (in panchina
della Juve).
Il primo quarto d’ora del secondo lo fa il Milan. E’ l’unico scampolo di calcio vero,
efficace, al quale la Juve oppone una carica agonistica tanto truce quanto eccezionale.
Un lancio e un passaggio al volo di Rivera creano due situazioni gol per il Milan: in
mischia davanti a Zoff, accade di tutto e il Milan chiede rigore per un fallo di mano di
Scirea che personalmente non ho visto.
Poi, su un contropiede da manuale, di quelli da far secchi chiunque (58′), Tosetto
viene servito solo, da centravanti, sul limite dell’area. Su, ragazzo, controlla e spedisci
in rete: macché! Ne esce uno stop orripilante, che Annibale Frossi cancella con un
gesto dalle sue lenti. Rivera si ferma, le manine sui fianchi, con quell’aria seccata che
di solito lo rende antipatico e stavolta lo trova invece solidale con il mondo.
La Juve tira avanti in apnea difensiva. Il Milan non è bello, ma avverte una voglia più
generosa: la voglia di vincere quando quella bianconera è soltanto voglia di non
perdere. Lo si capisce da una sostituzone (al 70′): infortunatosi il terzino Sabadini,
Liedholm opta per il centravanti Calloni invece che per il terzino Boldini. Esattamente
il contrario della Juve che, al posto di Causio, aveva (al 60′) sbattuto in campo il
mediano Cabrini. Chiaro come il sole, no?, sugli obbiettivi di Liedholm e Trap.
I tentativi di gioco del Milan risultano del resto zavorrati da una serie penosa di falli,
provocazioni, insulti, pantomime e inadempienze dell’arbitro che omette di espellere il
già ammonito Furino per ulteriori platealità del mediano su Rivera. Che il “tête-à-tête”
tra i due sia arrivato oramai oltre il livello di guardia, lo dimostra l’inversione di
marcatura ordinata da Trapattoni: non più Furino, ma Gentile su Rivera. Soltanto
l’arbitro non si accorge di nulla.
Degenerata a tal punto che nessuna azione passa oramai liscia, la partita offre alla
Juve due palle-gol, il che non è poco date le premesse. Una bomba di Cuccureddu, sul
buco della barriera, ha trovato un grande Albertosi, mentre una testata diagonale di
Boninsegna trova, sia pure di poco, i fotografi di fondo-campo.
Non c’è mica altro, se non la spiacevole impressione che ti rimane addosso quando
due grandi squadre impostano un gioco piccolo. E quando un arbitro designato per
una grande partita, risulta a sua volta inadeguato allo stress e persino alla
maleducazione che la partita contiene di potenziale veleno. Come un uovo di
serpente.